L'uomo della 6ª giornata di Champions League: Weston McKennie, il "nuovo Vidal" che ha stregato la Juventus
I ricordi del Mondiale 1994 sono tornati a fare capolino nella mente degli appassionati a causa della scomparsa di Diego Maradona, che in quell’estate visse il tormentato "canto del cigno" della carriera. Chissà cosa di quelle settimane ricorderanno gli appassionati statunitensi del soccer, che in quasi 30 anni non ha fatto i passi avanti sperati, almeno a livello tecnico, perché come numero di praticanti il boom c’è stato eccome e continua ad esserci.
La mancata qualificazione degli Usa al Mondiale 2018 ha rappresentato la cartina di tornasole di un movimento che fatica ad imporsi, ma che lentamente sta facendo capolino in Champions League. Il primo passo sono state le imprese di Jesse Marsch, ex allenatore del Lipsia, ora al Salisburgo e primo tecnico a stelle e strisce nella storia della manifestazione. Il secondo è stato la sforbiciata da campione di Wenston McKennie al Camp Nou di Barcellona e non con la maglia di una cenerentola della competizione, bensì con quella della Juventus.
Il ragazzo texano ha così completato una settimana da sogno, che lo proietta di diritto nella storia del club bianconero a prescindere da come andrà avanti la sua avventura a Torino. Perché segnare un gol nel derby poi vinto in rimonta in pieno recupero e poi prendersi lo scalpo di Messi e compagni in una notte nella quale l’unico altro giocatore a finire sul tabellino dei marcatori è stato un certo Cristiano Ronaldo è un segnale chiaro che l’ex Schalke 04 non è capitato su questi palcoscenici per caso e che il suo acquisto potrà servire alla Juve anche sul piano tecnico oltre che su quello commerciale, altrettanto importante, permettendo di scoprire il mercato americano a livello di popolarità e merchandising.
Del resto si sta parlando di un centrocampista moderno, in grado di interpretare più ruoli anche all’interno della stessa partita e di andare al di là dei propri limiti tecnici e fisici. Ideale per un centrocampo a tre grazie ai tempi di inserimento, qualità della quale ha dato prova proprio negli ultimi giorni, ma anche per una mediana a due sapendo farsi valere pure con il pallone tra i piedi, Wenston è il compagno ideale di un regista classico, sapendo anche tenere la posizione e imporsi nel recupero del pallone come in marcatura, come di giocatori leggermente diversi, ai quali piace toccare più volte il pallone, come Arthur o Bentancur, perché il nostro yankee ha il senso tattico dentro di sé, riuscendo a coprire le spalle al compagno di riferimento e in caso di necessità anche a scalare sulla linea dei difensori.
Insomma, un tesoro che sembra cucito su misura per la nuova Juventus, che per motivi anagrafici e di necessità economica ha dovuto voltare pagina, abbassando leggermente il proprio livello tecnico, ma non quello delle ambizioni e ricostruendo in maniera non dissimile a quanto successo nel 2011, all’alba del ciclo vincente ancora aperto. Ecco allora che l’arrivo di McKennie può essere paragonato a quello di Arturo Vidal, che risale proprio a quell’estate. Stesso campionato di provenienza, caratteristiche simili e anche se forse le due carriere non saranno mai identiche a livello di titoli vinti, il posto che l’americano si sta ritagliando nel cuore dei tifosi è importante già quasi quanto quello che il cileno ha, o ha avuto.
"Pensavo di essere qui di passaggio in prestito, invece la Juve è qualcosa che ti entra dentro" ha dichiarato di recente il ragazzo, che aveva in verità iniziato a farsi apprezzare già prima della settimana magica, iniziando il campionato da titolare per poi arretrare nelle gerarchie solo per motivi di adattamento alla realtà italiana, che ora sembra completato.
Il classico passo indietro che precede due fatti avanti, come due sono state le reti che sembrano destinate a spazzare via i pochi dubbi del club per il riscatto del giocatore, arrivato a fine agosto tra lo scetticismo generale in prestito per 4,5 milioni con obbligo di riscatto a 18,5 in caso di piazzamento tra le prime quattro in campionato. E se in pochi avevano dubbi a settembre che la Juve avrebbe ottenuto quella classifica, nessuno aveva saputo immaginare che il primo americano della storia del club avrebbe aiutato a raggiungere il traguardo e a conquistare il primo posto nel girone di Champions.
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