L'insolito Derby di José Mourinho
José Mourinho è cambiato, questo è un dato di fatto. Alla Roma non è arrivato quell'aizzatore di folle che aveva fatto innamorare i tifosi dell'Inter, ma un suo lontano parente, meno scapestrato ma forse più saggio.
In questi 11 anni di assenza dall'Italia lo Special One ha imparato che cercare la polemica a tutti i costi e caricare l'ambiente come una pentola a pressione può avere anche effetti deleteri.
Questo non vuol dire che si sia arreso alle ipocrisie del calcio e che abbia assunto i contorni sfocati e poco definiti di una delle tante figure che pullulano questo mondo ipocrita. Mourinho ha solo qualche capello bianco in più, ma non è una persona banale.
Domenica scorsa la sua Roma ha disputato il derby contro la Lazio, una partita attesissima dalla Capitale e che da sempre offre il fianco a tante, tantissime polemiche. Ci aspettavamo che Mourinho approfittasse di tutto questo potenziale ma le cose sono andate diversamente.
Il derby ha avuto luogo domenica scorsa, ma la partita del portoghese è iniziata già giovedì quando, al termine del match di Conference League contro il Vitesse, aveva punzecchiato i rivali che a suo dire, per via dell'uscita anticipata dalle coppe europee, si trovavano davanti al televisore a "fumare le sigarette con Sarri".
Una presa in giro contro i rivali ma allo stesso tempo un modo per mettere le mani avanti in caso di sconfitta, in perfetto stile mourinhano. Con quelle dichiarazioni ci ha fatto venire l'acquolina in bocca, facendoci credere che il derby sarebbe stato promettente sotto l'aspetto extracalcistico; poi però è stato lui stesso a togliere la carne dal fuoco e a farla raffreddare.
Un tempo Mourinho badava di più agli aspetti che fanno da contorno a una semplice partita di calcio. Si girava verso le telecamere con il gesto delle manette, indicava con le dita il Triplete all'Allianz Stadium e dava spettacolo ogni volta che ne aveva l'occasione.
Adesso invece è arrivato a zittire il proprio pubblico. Con la Roma avanti di tre gol dopo appena 40', la parte giallorossa dell'Olimpico aveva già iniziato a urlare "Olè" a ogni passaggio riuscito, ma l'atteggiamento non è piaciuto a Mou che non voleva che i giocatori considerassero la partita ormai archiviata.
Le troppe rimonte subite in stagione - quella contro la Juventus su tutte - lo hanno scottato e così il portoghese prova a mantenere alta la concentrazione dei suoi fino all'ultimo minuto di gara. Il Mourinho che in maniera seccata invita la curva a piantarla stride con la figura del Mourinho-condottiero che è ormai parte dell'immaginario collettivo.
Quegli "olè" sono anche una mancanza di rispetto verso una squadra che sì ha stuzzicato un po' alla vigilia, ma verso la quale nutre grande stima. Lo Special One chiede che si riconosca il valore dell'avversario, a prescindere dalle rivalità.
La ciliegina sul secondo derby della Capitale di Mourinho è arrivata proprio al triplice fischio, quando anziché godersi l'abbraccio dei tifosi, se n'è andato spedito negli spogliatoi. Quando i giornalisti gli hanno chiesto la ragione di questa fuga, lui ha ammesso di "voler tornare a casa".
Lo Special One è cambiato. Non pensa più alle polemiche o a diventare l'idolo dei tifosi; adesso va al sodo, bada al risultato. E probabilmente la Roma ha più bisogno di questo Mourinho che di quello di 11 anni fa.
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