L'illogica paura di cedere: cosa ci hanno insegnato Milan e Napoli?
"Non tutti i mali vengono per nuocere", "Chiusa una porta si apre un portone", "Dietro ogni problema c'è un'opportunità": ditelo come volete, ma queste frasi fatte - considerati dai più come aforismi pronti all'uso da sciorinare quando dobbiamo consolare un nostro caro in momenti più o meno tragici - dicono la verità. L'addio, la sconfitta, o qualsiasi mancanza-di-qualcosa ci fanno stare male. Il solo pensiero di poter smarrire qualcosa di nostro ci terrorizza.
Relativamente al calcio, quando la nostra squadra del cuore perde (ossia le viene a mancare la vittoria) cadiamo in una profonda depressione dalla quale possiamo uscire solo in caso di vittoria nel weekend successivo. Ma chi l'ha detto che dev'essere necessariamente così? Non dico che dobbiamo esultare quando perdiamo 4-0, ma dovremmo abituarci a non strapparci i capelli quando non vinciamo. Perché, alla fine, è dai fallimenti che si possono costruire i successi del domani (altra frase fatta, lo so).
Questo vale anche (forse ancor di più) per il calciomercato. La partenza del giocatore migliore crea sempre grande spaesamento tra i tifosi, che sono indotti a pensare che la loro squadra ne uscirà inevitabilmente indebolita e che gli obiettivi per la stagione a venire siano solo un miraggio irraggiungibile. Ma Milan e Napoli, ossia le squadre che nelle ultime due stagioni hanno conquistato lo Scudetto, ci hanno proprio dimostrato che le cessioni sono uno dei possibili presupposti per creare qualcosa di nuovo, di più forte.
Pronostici smentiti
Nell'estate del 2021 il Milan ha visto partire due giocatori importanti, Calhanoglu e Donnarumma, entrambi trasferitisi altrove a parametro zero, quindi senza dare al club la possibilità di reinvestire i soldi provenienti dalle loro cessioni. Per sostituirli i rossoneri hanno preso Maignan, portiere semisconosciuto che però ha vinto la Ligue 1 con il Lille, Brahim Diaz e riscattato Tonali, ossia un mezzo esubero del Real Madrid e un 2000 reduce da una prima annata in chiaroscuro in A. Secondo gli addetti ai lavori, che prima di ogni campionato si divertono a schierare le 20 squadre su una griglia in perfetto stile Formula 1, il Milan può ambire al massimo al quinto posto. Non ha speranze contro l'Inter, campione d'Italia in carica la cui panchina è passata a Inzaghi; perfino l'Atalanta ha più speranze di vincere lo Scudetto. Alla fine sappiamo però com'è andata.
È andata perfino peggio (nelle previsioni di mercato) al Napoli, che solo l'anno scorso ha dovuto dire addio a veterani del gruppo storico come Insigne, Mertens, Koulibaly, Ghoulam e Ospina, per rimpiazzarli con Kim, Kvaratskhelia, Raspadori, Simeone e altri giocatori che non facevano presagire a una stagione da protagonisti. Le consuete griglie davano gli azzurri addirittura al sesto o settimo posto. L'obiettivo, insomma, era conquistare l'Europa League. E invece in Piazza del Plebiscito e tra i vicoli dei Quartieri Spagnoli si fa ancora festa.
Meno pressioni...
In una Serie A che, dopo il crollo dell'egemonia decennale della Juventus, si è rivelata più combattuta e aperta che mai, il fattore sorpresa si è rivelato determinante. Negli ultimi due anni a trionfare sono stati due underdog, squadre che come abbiamo visto alla vigilia non erano nemmeno annoverate tra le papabili vincitrici.
Ed è proprio la mancanza, almeno iniziale, di aspettative che potrebbe aver aiutato Milan e Napoli a giocare meglio e a vincere. Le pressioni sono arrivate in seguito, quando erano in vetta alla classifica e mancavano poche giornate alla fine, ma per gran parte del campionato rossoneri e azzurri hanno potuto vivere la situazione con il massimo della serenità.
...più entusiasmo
Lo Scudetto era un obiettivo del Napoli da diverso tempo. Il nucleo smantellato solo 12 mesi fa ci è andato vicinissimo nel 2017/18, ma di lì in poi la macchina perfetta creata da Sarri e passata nelle mani di Gattuso prima e Spalletti poi si era un po' arrugginita. Forse gli stessi Mertens, Insigne & co. erano i primi a non crederci più o forse il loro stile di gioco era diventato ormai prevedibile. Fatto sta che l'arrivo di gente giovane, con nuovi stimoli e tanta voglia di fare è servita a portare entusiasmo durante gli allenamenti e freschezza sotto il piano tattico.
I casi di Milan e Napoli non costituiscono un archetipo, non sono rappresentano la formula magica per vincere lo Scudetto. Ma ci fanno capire che cedere i pezzi pregiati della squadra sostituendoli in maniera intelligente non comporta necessariamente una ridefinizione delle proprie ambizioni. Non dobbiamo partire sconfitti quando questo o quel campione va via, perché - come le frasi fatte insegnano - è solo in quel momento che possiamo dar vita a qualcosa di nuovo, di bello, di vincente.