Jurgen Klopp: da allenatore perdente al suo vincente gegenpressing
Quasi sempre nel calcio i campioni di una squadra sono i calciatori, ma ci sono volte nelle quali la stella di un club e l'elemento più discusso è l'allenatore. Si potrebbe fare l'esempio di Mourinho ma per cambiar soggetto questa volta si tratta di Jurgen Klopp. Un allenatore completamente made in Germany, sottovalutato e tacciato come perdente troppo facilmente. Ma proprio perché campione, ha facilmente ribaltato la critica con la sua filosofia vincente ed in controtendenza attirando sempre i riflettori su di lui e sul suo sorriso hollywoodiano.
Jurgen Norbert Klopp nacque a Stoccarda il 16 giugno del 1967, fin da bambino mise in mostra un amore grandioso per il calcio. Di ruolo portiere, parò i primi palloni nel Magonza (Mainz), allora militante nella Bundesliga2, dove trascorse quasi tutta la sua carriera di calciatore cambiando anche più volte di ruolo. Prima di ritirarsi nel 2001il club gli offrì la panchina, dopo aver giocato 325 partite e segnato 56 goal che fecero di lui, a quei tempi, il miglior marcatore della storia del club.
Esordì come allenatore infilando sei vittorie su sette e portando la squadra alla salvezza. Ma il salto di qualità lo fece nel suo secondo anno da tecnico quando diede ai giocatori l'assetto mentale, filosofico e sportivo che lo hanno reso famoso ovunque cioè: pressing alto e contropiede da una parte e motivazione e velocità dall'altra. In qualche stagione grazie a lui la squadra cambiò volto, dall'aggrapparsi alla salvezza in B alle vette della serie A tedesca.
I suoi successi con il Mainz non passarono inosservati e suscitarono l'interesse di numerosi presidenti di club in giro per la Germania. Arrivarono infatti le chiamate da parte del Bayern Monaco e del Borussia Dortmund. Alla fine l'allenatore optò per la seconda opzione. Al suo arrivo trasformò la squadra nel vivaio di giovani più importante d'Europa, coltivando talenti e dando fiducia a ragazzi alle prime armi facendo di loro dei fuoriclasse, basti ricordare Robert Lewandowsky. In qualche stagione riuscì a vincere due campionati di fila, una coppa di Germania e ad arrivare vicecampione d'Europa. Trasformò il BVB in una squadra molto temuta capace di sconfiggere il Real Madrid 4-1 ai quarti di finale di Champions.
Nel 2015 passò alla guida del Liverpool per mettere altri titoli in bacheca. Il primo anno non riuscì a vincere nulla ma la squadra uscì dal torpore nel quale si trovava ormai da qualche anno. Riuscì a far diventare i ragazzi una famiglia dando importanza a quei calciatori che allora non erano sicuramente dei fuori classe, ma che si sentivano parte integrante di una squadra che andava crescendo sempre di più, con un tridente offensivo dei migliori al mondo. Miglioramento che arrivò fino alla vittoria del campionato nel 19/20. Portò di nuovo la sua squadra alla finale di Champions perdendola, salvo poi rifarsi l'anno dopo conquistando l'unico trofeo che gli mancava. A quelli che lo criticarono e lo etichettarono come perdente per le finali perse rispose "Devi perdere molto per capire che non sei un perdente". Frase degna di un filosofo del suo calibro.
Segui 90min su Facebook, Instagram e Telegram per restare aggiornato sulle ultime news dal mondo e dalla Serie A.