Insigne verso la MLS: un brutto finale o un epilogo da non giudicare?

Lorenzo Insigne
Lorenzo Insigne / Francesco Pecoraro/GettyImages
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All'inizio sembrava solo una voce di corridoio, la classica notizia ingigantita dai giornalisti per "dar fiato" alla propria penna e vendere qualche copia in più; poi la trattativa ha preso pian piano forma e adesso sembra ormai fatta per il passaggio di Lorenzo Insigne al Toronto FC.

In settimana, una cordata del club canadese è attesa in Italia per incontrare i suoi agenti e, salvo ripensamenti dell'ultimo minuto, Insigne firmerà un quinquennale da 8 milioni netti a stagione, al quale verranno aggiunti vari benefit come casa, auto e voli privati per tornare nello Stivale ogni volta che vuole.

Da buon capitano, Insigne non vuole però lasciare il Napoli già a gennaio, intende portare al termine la stagione e congedarsi dalla tifoseria solo a giugno, aspettando dunque la naturale conclusione del suo contratto. È prevedibile che fino ad allora molti napoletani gli riserveranno critiche, che lo inonderanno di fischi ad ogni partita e che non lo perdoneranno mai per quello che per loro è un vero e proprio tradimento.

In effetti, Insigne è molto più di un semplice giocatore del Napoli, è il simbolo di una città, nonché il beniamino di un popolo intero. Una sua eventuale (quanto probabile) partenza metterebbe in dubbio il concetto stesso di napoletanità: ogni bambino del Golfo sogna infatti di vestire un giorno la maglia della squadra partenopea e il 24 azzurro rappresenta colui che ce l'ha fatta, è un modello di riferimento. Nessuno penserebbe mai di trasferirsi in un altro club, il Napoli è la loro unica fede; pertanto, se Insigne, lo scugnizzo che è riuscito, nonostante le mille difficoltà, a giocare per il club campano, intende cambiare casacca, allora significa che per un partenopeo esiste altro all'infuori del Napoli?

Insigne, nato a Frattamaggiore e cresciuto con il mito di Maradona, prova un amore incondizionato - o quasi, a quanto pare - per il Napoli e tutti noi pensavamo che proprio questo sentimento avrebbe avuto la meglio sui freddi numeri relativi allo stipendio e alla durata del suo nuovo contratto. Sappiamo bene quanto sia difficile (per non dire surreale) trattare con De Laurentiis, ma ci auguravamo che l'esterno, da buon capitano, facesse un passo indietro e accettasse di rimanere, rifiutando le affascinanti sirene provenienti dall'estero.

Lorenzo Insigne
Lorenzo Insigne / Francesco Pecoraro/GettyImages

Lorenzo Insigne ha dunque avuto la possibilità di ricalcare il proprio nome nella storia partenopea e, perché no, di diventare quello che Del Piero, Totti e Maldini sono stati per le rispettive squadre. E invece ha preso la vicenda del rinnovo come una questione di principio. Per lui, divenuto colonna portante del Napoli, accettare uno stipendio al ribasso è inconcepibile. E, a essere onesti ha anche ragione, visto che una persona dovrebbe guadagnare in proporzione quello che offre alla propria azienda.

Molti potranno controbattere asserendo che i calciatori godono di uno status privilegiato rispetto a quello di un qualsiasi altro lavoratore e che, per loro, guadagnare 4 o 10 milioni non fa differenza: tanto, sempre ricchi sono.

Su questo non ci piove. Anzi, possiamo anche dire che con i soldi che Insigne ha già preso in carriera ha sistemato più di un paio di generazioni future. Ma, a prescindere dal lavoro in questione, rimane la convinzione che lasciare la propria azienda per accettare la proposta di un'altra che ti offre più del doppio dello stipendio e, per dipiù, trasferirsi nel bellissimo Canada, sia sempre comprensibile.

Certo, possiamo criticare Lorenzo Insigne sotto l'aspetto calcistico perché sta voltando le spalle alla sua gente e a tutti quelli che lo consideravano una bandiera, ma per quel che concerne il lato lavorativo e umano non ce la sentiamo davvero di biasimarlo.


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