Il senso delle parole di José Mourinho dopo il Verona
La Roma vince e sale a quota 44 punti in classifica, al terzo posto del campionato di Serie A, a pari merito con i campioni uscenti del Milan. Lo fa allo Stadio Olimpico contro il Verona di Zaffaroni e Bocchetti, quello nuovo del 2023, ristabilito dopo la sosta Mondiale e capace di perdere soltanto contro l'Inter nelle prime sette uscite del nuovo anno.
Una vittoria di misura, come spesso è accaduto. Una vittoria meritata (xG 1.22 a 0.58) con la Roma cinica nello sfruttare una delle palle-gol principali e attenta nel non concedere tiri facili agli ospiti dall'interno dell'area di rigore.
Una vittoria di squadra che ha dato seguito a un postpartita piccante, con una nota di delusione da parte del tecnico José Mourinho ai microfoni. Tanti i temi toccati, la volontà di non indossare l'auricolare e le domande ricevute dall'inviata di Dazn Federica Zille.
Si parte da questa foto. Quella di tutti i componenti del gruppo giocatori e staff abbracciati al centro del campo con José Mourinho in mezzo a parlare. "Complimenti a tutti quelli che hanno vinto ed hanno vinto tutti. Penso solo che mancavano Dybala e Darboe, più Abraham credo in ospedale. Tutti erano lì ed hanno vinto loro con uno spirito di gruppo fantastico, uno spirito di sacrificio incredibile. Abbiamo giocato molto bene, se così si può dire, contro una squadra come il Verona che non ti fa costruire. Vittoria molto meritata dei ragazzi che hanno fatto un grandissimo sacrificio".
Poi l'analisi individuale di molti calciatori che hanno preso parte alla gara. Allo scadere di febbraio, la sua Roma è già vicina a una partita da dentro o fuori. La tensione è alta dopo la sconfitta immeritata in Austria contro il Salisburgo e l'attesa per il match di ritorno in programma giovedì prossimo consuma tante energie mentali. Ecco perché senza Matic (a riposo), Zalewski (a riposo), Dybala e Pellegrini (affaticati), Tammy Abraham (uscito al15° per infortunio), José Mourinho parla di vittoria del gruppo, di tutto il gruppo.
"5 o 6 hanno giocato in Austria, Karsdorp non giocava da più di due mesi, Spinazzola arriva da un infortunio, Bove giocava l'anno scorso in un campo di plastica. Belotti non giocava da tanto tempo e Solbakken impara a giocare con noi e a conoscere tatticamente la nostra squadra; anche lui fisicamente è in una situazione difficile. El Shaarawy che nella sua storia non gioca due partite di fila, adesso gioca 3-4-5 partite di fila come mai aveva fatto. Zalewski gioca da quinto di destra, di sinistra, oggi attaccante di destra".
Karsdorp, Spinazzola, Bove, Solbakken, El Shaarawy e Belotti. Non si tratta propriamente di seconde linee, ma di calciatori con dei limiti attuali, fisici, di maturità, di lingua, che Mourinho ha schierato insieme per ottenere una vittoria voluta a tutti i costi. L'obiettivo è quello di continuare a spianare la strada verso la prossima Champions League, in un cammino in Serie A ottimo, se confrontato a quello delle altre (e ad esclusione del Napoli).
Poi la frase che sgomita per prendersi i titoli delle testate: "Non penso che la gente da alla squadra quello che merita". Potrebbero risentirsi in parte i tifosi giallorossi, all'ennesimo sold out consecutivo da un anno a questa parte. Sold out che, per José Mourinho, non sono però tutti uguali.
"Dipende da quello che è il sold out. Come il Bodo, lo stadio vince da solo. Come oggi, è veramente un peccato che un ragazzo che perde un pallone, che fa una partita straordinaria, riceve i fischi. La gente non capisce la dimensione di quello che stiamo facendo noi".
Mourinho ha inciso a Roma con la sua mentalità e riportato con costanza i giallorossi a non mancare mai in casa all'Olimpico. Ora alza ancora l'asticella, educando sui sold out, rimarcando la differenza tra quello del Bodo (ma ce ne sono stati diversi così) e quello del posticipo della domenica sera di Serie A. Sembrano solo apparentemente parole spontanee dette in un momento qualsiasi per sfogarsi. Sicuramente c'è il dispiacere oggettivo di vedere un giovane, e molto promettente tifoso della Roma in campo, fischiato per qualche pallone perso durante una gara, ma non si tratta dell'unico motivo.
"Questo ragazzo Bove, se io fossi tifoso della Roma lo porterei in braccio ogni giorno; perché è tifoso della Roma più di loro, ama più la Roma di loro. Quando io sono arrivato stava per andare in prestito a una squadra di Serie C, oggi gioca titolare nella Roma".
Giovedì c'è in programma l'impegno europeo e, comunque andrà a finire, ci saranno Dybala, Pellegrini, Abraham o meno, la squadra deve ricevere sostegno per quanto dimostrato finora. Non c'è il gioco spumeggiante del Napoli di Spalletti, ci sono però tanti altri aspetti positivi che pongono i giallorossi al livello (lo dice la classifica) delle altre big italiane.
Una critica e un messaggio anche alla stampa, colpevole secondo il tecnico di non aiutare in questo senso. La squadra ha bisogno di una iniezione di fiducia, come quella al centro del campo a fine partita. Ha bisogno, sempre per l'allenatore, che gli vengano riconosciuti i meriti di quanto ottenuto rispetto alle tante difficoltà attraversate finora.
"Voi non aiutate perchè gli altri sono tutti fenomeni, e noi vinciamo perchè o abbiamo fortuna o facciamo gol su palla inattiva. Io, già sono vecchietto, vado per i 60, ho vinto tante cose e non ho bisogno di parole belle, ma loro si. E oggi hanno vinto loro, loro con un po' della curva. Io non sono nessuno per criticare nessuno, sono loro che mi devono criticare perchè sono il loro allenatore. Io devo essere criticato da loro, ma mi dispiace devo proteggere i miei ragazzi perchè meritano di più".
Ha bisogno di un Olimpico pieno per provare a ribaltare il parziale contro il Salisburgo. José Mourinho è consapevole della stima e dell'affetto che i tifosi giallorossi nutrono per lui e, nella parte finale dell'intervista quasi se ne scusa, se ne dispiace. Vorrebbe che tutto questo affetto fosse riversato sui suoi calciatori e che non si confondano Celik e Karsdorp per Cafu o Maicon soltanto per la posizione occupata in campo.
Il sold out fa sicuramente piacere, ma non basta. Serve il sostegno oltre la critica per alcune giocate sbagliate, il fischio rimandato. Tutti ricordano l'Olimpico incendiato contro il Bodo-Glimt nella passata stagione. E Mourinho, che forse più degli altri spera in quel tipo di clima, prova a compattare l'ambiente, alla sua maniera, lanciando una freccia e rimandando la polemica a fine stagione.
"Parliamo alla fine della stagione, alla fine di stagione ho tanto da dire. Adesso non è il momento di parlare, in un anno e mezzo che sono qui non ho mai rilasciato un’intervista. Parlo con voi prima e dopo la partita perchè sono obbligato a farlo. Zero interviste, magari sbaglio ma magari devo aspettare fino alla fine".