Il rancore di Kulusevski: "Alla Juve mi sentivo inutile, sapevo che dovevo scappare"
Dejan Kulusevski non le manda a dire e nella lettera scritta per The Player's Tribune ripercorre usando termini negativi la sua esperienza in Italia e in particolare alla Juventus. L'esterno svedese ha infatti vestito la maglia bianconera per un anno e mezzo vincendo anche due trofei, ma senza riuscire a ritagliarsi un posto da titolare; una situazione che, nel gennaio 2022, l'ha portato a chiedere la cessione e a trasferirsi al Tottenham. Ecco le sue parole.
Sui primi mesi in Italia: "Vorrei poter dire che in Italia è stato facile, ma qui devo essere reale. I primi sei mesi sarei voluto tornare a casa molte volte. C'è stato un problema con la mia registrazione e mi sono anche infortunato, quindi non ho giocato una partita per un anno intero. Vivevo in una piccola stanza con un letto, una TV e un bagno. Andavo a scuola sette ore al giorno, ma non capivo niente, quindi mi sedevo lì e scrivevo rime e formazioni di calcio, annoiato a morte. Una volta tornato a casa, guardavo la TV o parlavo con mia madre per ore".
Scappare dalla Juventus: "So che la sensazione è di aver fallito alla Juventus. Beh, penso che sia una cosa strana da dire quando ho vinto due trofei, ho giocato entrambe le finali e ne ho decisa una con un gol e un assist contro la mia ex squadra, l'Atalanta. Ma negli ultimi sei mesi è vero che ho passato un periodo difficile. Erano sei mesi che non giocavo titolare una partita alla Juventus. Ti senti malissimo, perché hai dato la vita per giocare a questa partita, allenandoti più duramente che puoi, e finisci per guardare giocatori giocare nel tuo ruolo che non sono nemmeno ali. Onestamente, mi sono sentito imbarazzato, persino inutile. Alcune persone cominciarono a dire che non ero abbastanza bravo, che ero troppo lento. E ti colpisce al 100%. È normale, è umano. Quando inizi a crederci, quello è proprio il diavolo. Sapevo che dovevo scappare. Un giorno chiesi al mio agente di trovarmi qualcosa perché era gennaio 2022, pochi giorni prima della chiusura della finestra di trasferimento, e il tempo a nostra disposizione stava scadendo. Poi mi ha detto che il Tottenham era interessato e io ho solo chiesto quando sarebbe stato il prossimo volo".
L'esordio con Conte: "Dopo la partita dei Wolves, Conte mi disse che avrei giocato da titolare la mia prima partita di Premier League in trasferta contro il Manchester City. Ho ripensato alle cose dell'Italia, 'Non è abbastanza bravo', 'È troppo lento', 'Guarda, farà un casino'. Ricordiamo tutti quella partita. Tre minuti, segno, ed è come se mi cadessero 30 chili dalle spalle. Poi nei minuti di recupero, sul 2-2, metto un cross per Harry Kane, che mette in rete di testa".
Su Cristiano Ronaldo: "Che ragazzo, amico. Dopo l'allenamento tutti sarebbero stati al telefono, tap, tap tap, ma non lui. Si vedeva quanto lavorava duramente, quanto lo desiderava, anche se non aveva più nulla da dimostrare. Devo essere sincero, non sono mai stato il tipo che chiede favori ai compagni, ma ho chiesto a Cristiano di autografargli la maglia e l'ho regalata a mia madre. Cinque anni prima parlavamo di me che sarei tornato in Svezia, magari per trovare un lavoro normale. Ora stavo giocando con uno dei più grandi di tutti i tempi".