Il protagonista | Ivan Juric, l'allievo alchimista che fa sognare Verona

Ivan Juric
Ivan Juric / Giuseppe Bellini/Getty Images
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Crescere al fianco di un maestro, trarne gli insegnamenti e poi saperli modellare in base al proprio carattere e alle peculiarità dei giocatori a disposizione. Scriverlo in due righe sembra una passeggiata, ma tradurlo nella pratica non lo è affatto. Ne sa qualcosa Ivan Juric, ex centrocampista di sostanza, croato di nascita, ma italiano di adozione, non solo perché la lingua di Dante sa ormai parlarla bene, ma perché la sua carriera ha svoltato tanto da giocatore quanto da allenatore proprio dopo l’approdo in Italia, a 26 anni con il Crotone. L’escalation è stata continua e il trasferimento al Genoa è servito da coronamento, perché grazie anche alla sua furia e alla sua fame in campo il Grifone è riuscito a riconquistare la Serie A nel 2007 dopo dodici anni di assenza.

Poco prima Juric aveva coronato il sogno di una carriera, debuttare in Nazionale, un traguardo sufficiente per convincersi, tre anni più tardi, ad appendere le scarpe al chiodo per dedicarsi alla seconda parte del proprio percorso calcistico, quella in panchina, conseguenza diretta, ma non troppo, delle caratteristiche da calciatore. Perché tanto lo Juric centrocampista era impetuoso e generoso, pur non disprezzabile sul piano tecnico e con più di qualche chicca come lo storico gol alla Juventus in Serie B con la maglia del Genoa, tanto quello in panchina si sta rivelando accorto, saggio e alchimista.

New Press/Getty Images

Eppure proprio il suo Genoa gli ha dato al momento le uniche delusioni della carriera di mister, con tre esoneri consecutivi tra il 2016 e il 2018. Allontanamenti non costati cari ai rossoblù, comunque sempre in grado di conquistare la salvezza, ma che sembravano aver incrinato le certezze che mister Ivan aveva saputo costruirsi con pazienza presso la bottega di mastro Gian Piero Gasperini. Suo scopritore nel Crotone e poi valorizzatore al Genoa, Juric è stato per anni il vero e proprio prolungamento in campo dell’attuale allenatore dell’Atalanta per poi diventarne discepolo, pardon vice, nelle esperienze di Palermo ed Inter.

Esperienze negative per il tecnico torinese, capace però di trarne insegnamenti positivi, proprio come accaduto al suo fedele collaboratore. I risultati, dopo l’ottimo debutto in panchina a Mantova e la storica promozione in A con il Crotone nel 2016, si sono tornati a vedere a Verona, dove Juric è approdato nell’estate 2019 accompagnato da parecchio scetticismo. Conquistata la promozione a sorpresa ai playoff con Alfredo Aglietti in panchina, il presidente Setti decise di cambiare guida tecnica affidandosi alla voglia di riscatto del croato. Nessuno, però, dal diretto interessato al presidente, si sarebbe immaginato un anno e mezzo dopo di vedere l’Hellas con numeri... da Scudetto.

Emilio Andreoli/Getty Images

Sì, perché dopo l’ennesima prova da leoni in trasferta, sul campo della Lazio, i gialloblù si trovano con cifre di gol subiti e colpi esterni simili a quelle del 1984, l’anno dell’incredibile tricolore. Traguardo ovviamente impensabile oggi, come però lo sembrava anche la salvezza bis dopo il brillante campionato scorso chiuso al nono posto. E invece ecco una squadra capace di continuare a stupire nonostante tante cessioni illustre e altrettante Cassandre. C’era addirittura chi dava Juric tra i primi candidati all’esonero, oggi invece il Verona è una realtà moderna e compatta allo stesso tempo, capace di continuare a sfornare talenti e di mettere in difficoltà le grandi nonostante un organico di livello medio. Inevitabile allora che il merito di tutto questo sia di chi c’è in panchina, vero e proprio inventore di soluzioni tattiche nuove e di ruoli alternativi per i propri “soldatini”.

Contro la Lazio, dopo lo scacco matto alla stessa Atalanta del Maestro, l’ennesima riprova. Un allenatore pur di valore come Simone Inzaghi è stato sconfitto su tutto il fronte. Dall’idea Tameze un po’ falso centravanti e un po’ tuttocampista, da Barak pendolo tra centrocampo e trequarti, fino a quella difesa elastica, per finire con sostituzioni indovinate e puntuali, in grado di sorreggere l’inevitabile calo atletico della squadra e di smentire chi prova ad etichettare l’Hellas come una squadra catenacciara. Il suo balzo felice in campo dopo il blitz dell’Olimpico è qualcosa di simile ad una tesi di laurea. A Verona si godono il presente e cominciano a pensare con preoccupazione ad un futuro che, anche in caso di Europa, potrebbe essere senza il vate di Spalato. Pronto, magari, per il salto in una delle big che ha appena steso...