Il protagonista / Dejan Kulusevski, la sfrontatezza del predestinato
Ritrovarsi a 20 anni e mezzo ad indossare una delle maglie più prestigiose del calcio mondiale dopo essere stati valutati 40 milioni pur con alle spalle appena mezzo campionato di massima serie, visto che l’affare si concretizzò a gennaio. Tutto questo è ciò che Dejan Kulusevski ha vissuto e vive da nove mesi, da quando dopo l’ottimo impatto con il massimo campionato con la maglia del Parma la Juventus ha scelto, per assicurarselo, di non aspettare la fine della stagione, bruciando in extremis la concorrenza dell’Inter.
Trattasi di onere o onore? Non è altro che il classico dilemma che accompagna un giovane talento alla prova di un top team. La risposta, a seconda del rendimento, può essere letta in due modi: se il ragazzo sorprende ha dimostrato di avere le spalle larghe oltre al potenziale tecnico già riconosciuto, se invece stenta ecco che la colpa è della valutazione monstre che ha finito per condizionarlo a livello psicologico.
Cosa non si fa, in un’epoca in cui di fenomeni assoluti ce ne sono pochi, per salvare chi, in nuce, fa intravedere potenzialità di livello. Ebbene, dopo meno di un mese di stagione si può affermare con ragionevole certezza che sì, Dejan ha davvero il mix giusto affinché si possa parlare di futuro campione: mezzi fisici, tecnici, personalità, ma anche coraggio e, dal punto di vista tattico, anche quel ruolo poco definito che fa tanto aspirante fuoriclasse in grado di stregare tutti.
Del resto, se anche nel calcio valgono corsi e ricorsi, non è proprio nuova la storia di un ragazzo nato in Svezia con origini slave, subito in grado di imporsi fuori dal proprio paese d’origine. Non vi ricorda qualcuno? Certo, rispetto al mito Zlatan Ibrahimovic Dejan il timido ha tutt’altro carattere e allora sarà quell’aspetto da bravo ragazzo a conquistare gli addetti ai lavori, visto che poi in campo il ragazzo si trasforma, sprigionando le proprie qualità.
Progressione, tecnica in velocità, forza fisica e capacità di vedere la porta: le doti già mostrate nel Parma si stanno confermando a Torino, in un momento molto particolare della storia della Juventus, dove si sta provando ad azzerare in passato, ma “in silenzio”, ovvero facendo passare quella che è a tutti gli effetti una ricostruzione ed un ringiovanimento per motivi fisiologici, ed anche economici, come un normale tentativo di restare competitivi inseguendo il decimo scudetto consecutivo e, perché no, la tanto agognata Champions League. Con Andrea Pirlo nel ruolo di parafulmine chiamato a non disperdere il valore dei talenti conclamati (Dybala, Bernardeschi, Chiesa) e al contempo di valorizzare le forze del futuro.
L’esclusione di Kulu contro il Verona a favore di Berna, chiaramente fuori ruolo, e di un modulo poco logico, stavano per costare caro, ma per fortuna del mondo bianconero l’ex atalantino ha fatto ciò che tutti gli chiedevano: entrare in campo resettando l’amarezza per la panchina iniziale e far parlare il proprio potenziale. La rete del pareggio, già la seconda in bianconero, è la summa di ciò che il ragazzo è capace di fare, a patto di essere lasciato libero per il campo, senza schemi fissi e senza l’obbligo di ripiegare in difesa. Ok, trattasi di privilegi che solitamente si concedono solo ai big celebrati e pluristipendiati e sarà per questo, allora, che Pirlo fatica a vedere la coesistenza con Ronaldo e Dybala, due che per motivi differenti non partecipano molto alla fase di non possesso, ma la Juve che vuole vincere anche nella discontinuità non sembra poter prescindere dalla sfrontatezza del macedone.
Quel dito sulla bocca durante l’esultanza e la semplicità con cui il rosso di Stoccolma fa sembrare tutto naturale meritano una chance nella formazione titolare al fianco dei grandissimi, dai quali Dejan può imparare tanto, ma ai quali può anche dare parecchio. E chissà che quel numero 44, doppio di quello indossato da Federico Chiesa, l’altra stella del mercato bianconero, non alluda alla differenza di valutazione che potrebbe presto esserci tra i due…