Il Napoleone d'Italia
Marco Verratti: "Le petit italien" che da Pescara conquista Parigi e si impossessa del trono di "Re Pirlo" nel cuore del centrocampo d'Italia.
"Per arrivare ai livelli di Pirlo deve mangiarne di pane!", con queste parole Carlo Ancelotti parlava del giovane Marco Verratti, intento a farsi strada nella sua nuova avventura al Paris Saint-Germain. Questo un po' richiama alla mente, per essere poetici, il pensiero del Direttorio francese nei confronti di Napoleone Bonaparte, secondo cui il comandante di ritorno dalla campagna d'Italia era troppo giovane, inesperto e fisicamente non "all'altezza" per assurgere al ruolo di Generale nell'immediato. Quello stesso Napoleone non solo avrebbe tolto Re Luigi dal trono ma sarebbe stato incoronato Imperatore. E se la statura e il raggio d'azione accomunano monsieur Verratti a Napoleone, aggiungiamoci il fatto che allo stesso modo il centrocampista è stato in grado di non farci sentire la mancanza di Andrea Pirlo, sopratutto negli ultimi tempi, in Nazionale.
Si chiama Marco Verratti e nasce a Pescara il 5 novembre del 1992. Fin da subito dimostra un attaccamento al pallone e inizia a giocare per il Manoppello, storica compagine della cittadina pescarese. Rimarrà a giocare lì fino al 2006 quando entra nel settore giovanile del Pescara. A soli 15 anni debutta in Coppa Italia. Alla sua seconda stagione festeggia assieme alla squadra la promozione in Serie B, dove a guidarli sarà il tecnico Di Francesco. La stagione 2011-2012 segna una svolta perché arriva Zdenek Zeman. Il quale con veggenza profetica toglie a Marco il ruolo di trequartista, non contemplato nella squadra, e gli affida quello da regista. Quello stesso anno il Pescara vince il campionato e ottiene la promozione in Serie A.
Poi si sa, per quanto possa essere celato il talento, prima o poi viene scoperto, perché ha tra le sue doti quelle di farsi notare e non passare inosservato. E per sillogismo logico, anche le petit italien, viene adocchiato dai francesi, famosi per avere un debole per l'Italia ed i suoi talenti. Inizia così la campagna di Francia per Marco, esattamente il 18 luglio 2012 viene formalizzato il suo passaggio al Paris Saint-Germain dove vestirà la maglia numero 24. Il primo anno a Parigi è segnato dai rimproveri del maestro Carlo Ancelotti che gli rinfaccia l'eccessiva euforia in campo, causa di costanti ammonizioni e il primo rosso parigino. Ciò nonostante quella stagione sarà vinta proprio da lui e dalla sua squadra. Inoltre portando a casa la bellezza del 90% dei passaggi riusciti, si laurea tra i migliori in Europa, secondo solo allo spagnolo Xavi a quota 96%. Il resto è storia. Il Paris Saint-Germain da quella stagione non ha fatto altro che vincere tutti i campionati fino ad oggi (ad eccezione della stagione 2016-17, con la Ligue 1 vinta dal Monaco). Nelle ultime otto stagioni, sette titoli sono andati al PSG. Prima di questo dominio, i parigini non vincevano un campionato dal 1994. Non solo, il Paris è tornato ad essere molto competitivo anche a livello europeo. Un caso? Forse sì, ma indubbiamente la Dea alata ha un debole per Marco Verratti fin dai tempi del Pescara.
E con la Nazionale la storia non cambia, con una differenza; mentre all'estero monsieur è molto apprezzato ed insostituibile, con la maglia azzurra ha fatto più fatica. Esattamente come quando si è innamorati di qualcosa, tutte le altre ci sembrano brillare di meno, allo stesso modo gli italiani stregati dai piedi di Pirlo si sono dimostrati inizialmente più refrattari a dare fiducia al giovane Verratti. Il suo debutto con la Nazionale maggiore a 19 anni è stato solo come sostituto e niente più, questo era chiaro a tutti. Nessuno avrebbe mai pensato che a distanza di qualche anno avremmo visto Verratti indossare la fascia di capitano, nessuno avrebbe mai pensato che l'Italia di oggi avrebbe dipeso così tanto dal suo genio. Eppure sì, l'ha presa per mano e da vero regista ha diretto e dirige il gioco. E ad essere sinceri, nulla togliendo a "Re Pirlo" anche questo "Generale" non è affatto male. Bravo a rimanere umile e a non attirare le attenzioni su di sé, a fine gara figura quasi sempre come uno dei migliori in campo se non il migliore. Tutto questo con eleganza, facendola quasi sembrare una cosa facile proprio come per Napoleone attraversare le Alpi.