Il futuro degli esports in Italia - Intervista a Luigi Caputo

Luigi Caputo,  co-founder dell'Osservatorio Italiano Esports
Luigi Caputo, co-founder dell'Osservatorio Italiano Esports / Luigi Caputo
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Bundesliga o eSports? Se a inizio 2020 la domanda poteva suonare alquanto bizzarra, una pandemia e qualche lockdown dopo la risposta è tutt'altro che scontata. Secondo le ricerche effettuate dall'Osservatorio Italiano Esports infatti, nella lista di gradimento dei giovani italiani in età compresa tra i 18 e i 24 anni, gli eSports sono davanti al massimo campionato tedesco, a Wimbledon e addirittura all'NBA.

Dati interessanti che sottolineano come l'attenzione delle nuove generazioni non sia più esclusivamente rivolta a ciò che avviene sui campi di calcio: non è un caso quindi, che l'industria del gaming in Italia, sia arrivata a raggiungere un valore di oltre 2 miliardi, con un incremento annuo di più del 20%.

Per capire di più su questo trend in costante crescita ci siamo fatti aiutare da Luigi Caputo, CEO di Sport Digital House e co-founder dell'Osservatorio Italiano Esports, ente nato con l'obiettivo di riunire in unica piattaforma tutti gli stakeholders dell'industria, che il 31 marzo e il 1 aprile si riuniranno alla Fiera di Rimini in occasione della seconda edizione dell'Esports Business Day, organizzato proprio dall'Osservatorio.

Che cos’è l’Osservatorio Italiano Esports?

"L’Osservatorio Italiano Esports nasce ad aprile 2020, durante il primo lockdown come progetto di Sport Digital House, la società di marketing sportivo di cui sono CEO. Come puoi immaginare ad aprile 2020 il mondo dello sport era completamente fermo e di conseguenza noi che fino a quel momento ci eravamo occupati solamente di sport tradizionale, eravamo un pochino in difficoltà, così abbiamo deciso di tirare fuori questa idea che avevamo nel cassetto già da un po’. Invece di farci prendere dalla paura del momento, abbiamo cercato di capire come sarebbe potuto essere il futuro e abbiamo intrapreso un percorso per posizionarci nell’industria degli eSports".

Da dove è nata l'idea?

"Ci eravamo già resi conto che il mondo degli eSports in Italia era sicuramente in fermento, allo stesso tempo però, eravamo consapevoli che mancassero delle infrastrutture che potessero agevolare il processo di crescita e che mancasse un punto di riferimento per tutti quei piccoli soggetti che iniziavano a muovere i primi passi in questo mondo. L’Osservatorio quindi nasce con l’ambizione di aggregare tutte le anime che compongono l’industria degli eSports in Italia, per metterle in contatto tra di loro. Gli eSports nel nostro paese sono sempre stati un pochino limitati dal fatto che tutti gli attori della industry guardassero troppo al proprio orticello senza mai collaborare. Noi abbiamo portato un approccio più di marketing e nel corso di questi due anni siamo riusciti a creare un network che oggi conta più di 80 membri, tra aziende, team eSports, agenzie e studi legali, creando un ecosistema importante per tutto il mercato italiano".

A che punto è l’industria degli esports in Italia e quali sono i cambiamenti che hai notato nel corso di questi anni?

"C’è da dire che l’Italia è un paese per gamers e non sto parlando solamente dei giovani, perché i risultati delle ricerche che abbiamo condotto insieme al nostro monitoring partner YouGov ci hanno mostrato come il gaming sia parte della vita di tutte le generazioni e che in Italia sono presenti 6 milioni di appassionati degli esports con fasce di età che arrivano fino ai 45 anni. Nonostante questo però, siamo indietro rispetto ad altri paesi in cui gli esports sono già una realtà di business consolidata. Nel nostro paese invece, soprattutto i team si concentrano quasi esclusivamente sull’aspetto competitivo dimenticando molto spesso tutto ciò che è inerente all’intrattenimento.
In questi due anni però, la situazione è cambiata rapidamente. Nel 2020 i team che avevano l’ambizione di diventare dei brand si potevano contare sulle dita di una mano, mentre oggi sono molti di più. Anche le aziende hanno capito che il gaming è uno strumento di comunicazione importante e non ci si limita più al bambino che gioca ai videogiochi nella propria camera e ora sono pronte a investire tantissimo".

​​Vi siete affacciati in un’industria in continua espansione assumendo un ruolo chiave: qual è stata la reazione degli stakeholders?

"Abbiamo percepito tantissimo entusiasmo nelle aziende che in qualche modo non vedevano l’ora di interagire con un soggetto come noi che non solo fornisce dati su quelle che sono le potenzialità dell’industria esports, ma offre anche tantissime opportunità di fare networking. Da parte dei team l’approccio è stato più timido, perché non erano abituati a pensare a delle attività di marketing per il proprio brand. Quando poi hanno capito quello che facevamo sono arrivati un po’ tutti. Oggi quasi tutti i principali team italiani fanno parte dell’Osservatorio e questo ci rende molto orgogliosi perché dopo due anni siamo diventati un punto di riferimento a livello nazionale per tutti coloro che vogliono capire di più di questo mercato".

Qual è stato l’approccio dei club e delle leghe nei confronti degli esports?

"Anche in club e leghe abbiamo riscontrato entusiasmo e bisogno di capire e conoscere meglio questo mondo e chiaramente il fatto che operassimo già in ambito sportivo ha agevolato i rapporti. Il mondo dello sport è quello che è maggiormente influenzato e sarà totalmente rivoluzionato non solo dagli esports, ma da tutto quello che coinvolgerà in qualche modo anche blockchain, NFT e Metaverso. A oggi leghe e federazioni non sembrano essere pronte culturalmente per comprendere come sta cambiando il mondo e quindi c’è bisogno di qualcuno che spieghi come accogliere al meglio queste novità. Uno dei compiti dell’Osservatorio è quello di supportare la crescita di tutto il movimento attraverso la condivisione delle proprie conoscenze e delle proprie competenze".

Agnelli in fase di presentazione della Superlega pronosticò un sorpasso dell’industria esports su quella del calcio nel giro di 5 anni: credi che possa essere realmente così o sarebbe più corretto vedere l’industria esports come un veicolo che avvicina il calcio alle nuove generazioni?

"Sicuramente non mi sento di criticare il pensiero di Agnelli (ride, N.d.R.). In parte ha ragione, sarà l’industria degli esports a superare quella del calcio, ma aggiungerà attenzione. Le nuove generazioni non sono più abituate a vivere il calcio come lo abbiamo vissuto noi o i nostri genitori. L’esperienza dello stadio per loro è quasi nulla e di conseguenza l’attenzione nei confronti del calcio è minore. Gli esports sono un fattore che sposta l’attenzione dal calcio verso altri temi. Se un ragazzo oggi deve scegliere come spendere 2 ore del proprio tempo, difficilmente lo farà guardando una partita, molto probabilmente preferirà giocare a Fortnite. Quindi forse è questo che intendeva Agnelli, perché a livello di fatturati solo a livello mondiale possiamo paragonare l’industria degli esports a quella del calcio, in Italia i numeri non sono ancora quelli. Allo stesso tempo però, gli Esports sono un veicolo per attirare le nuove generazioni ed è lo sport tradizionale che deve capire come integrare i videogiochi all’interno delle proprie strategie. Gli esports non sostituiranno il calcio, ma è importante che l’industria del calcio capisca in fretta come catturare l’attenzione dei più giovani".

Se dovessi dipingere uno scenario dell’industria tra 10 anni, cosa vorresti vedere e cosa sogni di vedere?

"Mi piacerebbe vedere un approccio più curioso da parte dei club di tutte le categorie. Quel che noto è che si ha ancora difficoltà a capire che il mondo sta cambiando, quindi spesso si vedono persone che lavorano all’interno dei club che non comprendono che devono abbracciare il cambiamento e non vederlo come un nemico. Gaming ed eSports in generale vengono percepiti come un qualcosa che può uccidere il calcio, ma come detto in precedenza non è così. È in atto un cambiamento come è avvenuto numerose volte nella storia dell’umanità e per sopravvivere è necessario adattarsi. Il calcio italiano è in un momento storico in cui deve sopravvivere e se vuole farlo deve smettere di basarsi su modelli degli Anni ‘90 e adottare strategie diverse. In ambito blockchain e NFT vedo invece un cambiamento tangibile, perché la tecnologia Blockchain sta prendendo sempre più piede. Quasi tutti i club di Serie A hanno un partner di Blockchain o NFT e questo è un altro grande tema da esplorare, perché secondo me i club di Serie A stanno commettendo un errore, quello di accettare sponsorizzazioni da parte di società di criptovalute che sono vantaggiose dal punto di vista economico, senza rendersi conto che allo stesso tempo stanno esponendo il proprio asset più importante: i tifosi".

La credibilità del vostro lavoro vi ha portato a organizzare un evento come l’Esports Business Day. Cos’è e qual è l’obiettivo?

"Sarà la seconda edizione dell’Esports Business Day, un evento B2B che organizziamo ogni anno alla Fiera di Rimini che è diventato l’evento principale per tutti gli stakeholders che operano nel settore. Durante l’evento rendiamo fisica l’esperienza dell’Osservatorio, offrendo un’opportunità per aggiornarsi su trend presenti e futuri e un’occasione preziosissima per fare networking in cui le aziende che vogliono capire di più sul settore possono incontrare gli esperti. Siamo l’unico evento che offre incontri garantiti 1 to 1 in cui l’operatore può conoscere le esigenze delle aziende e poi sviluppare opportunità di business. Quest’anno abbiamo aggiunto delle masterclass e degli appuntamenti formativi su Metaverso, NFT e Blockchain. Abbiamo aggiunto anche una sezione dedicata alle Startup, che avranno un’occasione per incontrare potenziali investitori. Saremo sold out anche quest'anno e questo ci rende molto orgogliosi".


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