Ibrahimovic: "Se non incido è meglio andare in tribuna. Obiettivi? Voglio tutto"

Zlatan Ibrahimovic
Zlatan Ibrahimovic / Nicolò Campo/GettyImages
facebooktwitterreddit

Tra i vari temi d'attualità in casa Milan reclama uno spazio anche Zlatan Ibrahimovic, atteso dal ritorno in campo dopo un lungo stop e desideroso - anche quest'anno - di dare il proprio contributo per le sorti rossonere. Ibra ha parlato a La Gazzetta dello Sport e si è soffermato sul proprio percorso di recupero oltre che sulle ambizioni del Milan. Queste le parole dello svedese:

"Sto bene, miglioro giorno dopo giorno, seguo il protocollo che ci siamo dati. Al Milan manca Ibra ma è vero anche il contrario, a Ibra manca il Milan".

Stefano Pioli, Zlatan Ibrahimovic
Pioli e Ibra / Francesco Pecoraro/GettyImages

Sul ritorno in campo: "Non c’è un calendario stabilito per il rientro: sono esperto di gestione degli infortuni, sbaglierei a fissare una data precisa. Fosse per la voglia, sarei stato titolare alla prima di campionato. Ma non ragiono più così: quando sarà pronto, giocherò. Non posso andare in campo solo perché mi chiamo Ibrahimovic e magari passare una partita a camminare. Se ci sono, devo incidere: altrimenti meglio panchina o tribuna".

Sulla possibilità di partire dalla panchina: "Certo, non ho più l’ego di dieci anni fa. Oggi sono diverso, più maturo, più responsabile: mi metto a disposizione dei più giovani e dell’allenatore, è lui che decide. Non penso più di poter fare tutto da solo: rispetto ogni scelta, anche se non mi dovesse premiare".

Niente ritiro: "Perché sento ancora l’adrenalina, l’emozione del pubblico, l’odore del campo. E perché non mi accontento, voglio sempre fare di più. Così mi sento vivo. Ho scelto di operarmi non solo per poter andare avanti a giocare ma anche per stare bene: negli ultimi sei mesi della scorsa stagione ho sofferto tantissimo, in silenzio. Non volevo dirlo per non portare negatività sulla squadra".

Zlatan Ibrahimovic
Ibra / Marco Luzzani/GettyImages

Quali sono gli obiettivi? "Tutti. Se sono qui è perché ci credo. Campionato, Coppa Italia, Supercoppa, Champions: vogliamo tutto. Mollare un obiettivo, significa mollarli tutti. E la nostra mentalità non è più questa. Anche la Champions? Non ho sogni, solo obiettivi. I sogni lasciamoli agli altri: noi facciamo. Tutto è possibile, il calcio lo insegna".

La corsa Scudetto: "Al momento siamo secondi, al momento. Il Napoli è forte, Kvaratskhelia il giocatore che più mi ha impressionato. Ma anche la Juve sta rientrando e l’Inter è in corsa. Noi però ci siamo. In più questo è un anno troppo particolare con la sosta invernale e il Mondiale giocato in mezzo: sarà un campionato più di condizione e meno di qualità. E per la mia lunga esperienza di vittorie dello scudetto, so che è sempre decisiva la seconda parte della stagione".

La Supercoppa: "Spero di essere in campo contro l’Inter ma chissà. Lukaku? Niente da dirgli, spero stia bene e che possa esserci. Lo stesso augurio che mi faccio io. Per il resto penso a me, mica agli altri: loro devono aver paura. E il record della Champions non mi interessa. Mi interessa segnare, solo quello".

Zlatan Ibrahimovic, Rafael Leao
Con Leao / Marco Canoniero/GettyImages

Sul futuro di Leao: "Deve restare? Per forza, il Milan è l’ambiente giusto per lui. Basta osservare la sua crescita: quando è arrivato era lontano dal giocatore determinante che è oggi. Qui è importantissimo per noi, altrove lo sarebbe altrettanto? Dovrebbe ripartire da zero, non puoi essere sicuro di essere subito pronto. Al Milan ha fiducia, spazio e libertà, cosa che in un altro club non è scontata: dipende da te. E poi si vede che qui è felice: ormai ride ancora prima di segnare. È il giovane che più di tutti è cresciuto. Theo è migliorato tantissimo, De Ketelaere è forte e serve pazienza. Ma Leao è di un altro livello, sopra la media. Gli manca uno step: lo farà solo quando si convincerà pienamente delle sue capacità. Oggi nemmeno lui sa davvero quanto è forte. Allora farà davvero paura. E il prezzo salirà…".

Sul futuro dopo il ritiro: "Allenare è una grande responsabilità. Ed essere stati grandi giocatori non garantisce in automatico di diventare grandi allenatori. Non lo è stato per Zidane o Guardiola e non lo sarebbe per Ibrahimovic. Non ci sono vantaggi, servono studio e lavoro, step dopo step".