Guti, l'esteta

"Guardatemi!"
"Guardatemi!" / JAIME REINA/Getty Images
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L'art pour l'art. Il calcio di José Maria Gutiérrez Hernández, detto Guti era questo. Una totale affermazione di se stesso e delle sue straordinarie capacità, che si portavano dietro una noncuranza per il suo status di non-galácticos tra i Galácticos. Sembrava che giocasse soltanto per lui, e allo stesso tempo è stato uno degli assist-man di culto degli anni 2000, e ancora oggi viene ricordato come un giocatore con una visione di gioco fuori dal normale.

Ad alcuni piace ricordarlo come un grande giocatore sottovalutato, altri pensano che sia stato soltanto un'eterna promessa, come l'ex-presidente del Real Madrid, Ramón Calderón. La verità è che Guti è stato entrambe le cose. Un giocatore le cui qualità sono state oscurate dai faraonici acquisti del Real, dai cambi di ruolo obbligati, ma anche un giocatore che sembrava non volesse mai fare il passo avanti, che non aveva interesse nel diventare una stella nella costellazione madrilena.

Guti entra nel Real Madrid a 9 anni da bambino, e se ne va a 36, da uomo, dopo 25 anni in camiseta blanca, ma senza mai essere entrato definitivamente nel cuore dei tifosi. Il suo ruolo iniziale era quello di mezza punta, al centro dell'attacco e dopo la trafila nelle giovanili, e qualche anno da comprimario in cui mostra le sue doti, riesce finalmente ad avere un po' di spazio, contribuendo alla vittoria della Liga nel '97, e a quella della Champions League l'anno dopo, pur rimanendo ancora un dodicesimo uomo, più che un punto fisso della squadra.

Un giovane Guti esulta per un gol nella sua stagione più prolifica
Un giovane Guti esulta per un gol nella sua stagione più prolifica / Getty Images/Getty Images

Nel 2000, con l'arrivo di Vicente Del Bosque, Guti trova finalmente spazio e risulterà uno degli uomini più importanti per la vittoria della sua seconda Champions, adattandosi al ruolo di trequartista, chiuso davanti da Morientes e un certo Raúl. Sarà il primo cambio di ruolo impostogli per via della rosa esplosiva del Real Madrid. Guti sembra avere ancora tanto da dimostrare, è una bomba ad orologeria, e l'anno dopo, sempre con il suo mentore Del Bosque, per via dell'infortunio di Morientes, riuscirà finalmente ad ottenere un posto da titolare in attacco, segnando la bellezza di 14 gol in campionato, ma ancora una volta le sue ormai limpide qualità di rifinitore (e quelle da finalizzatore) vengono oscurate da alcune prestazioni un po' più opache, e dalla voglia del presidente Florentino Pérez di costruire una squadra di Galácticos.

Guti non era abbastanza. Non lo è mai stato, né per gli allenatori, né per il presidente. La campagna acquisti verteva sempre sul comprare un campione nel ruolo di Guti. A questo proposito proprio lo spagnolo disse:

""Stavo migliorando come trequartista e poi è arrivato Zidane. Stavo facendo progressi davanti e hanno comprato Ronaldo. Ora che sono centrocampista in nazionale è arrivato anche Beckham…""

Guti

Anche con Del Bosque i rapporti si incrinano, tanto che nella finale di Champions vinta nel 2002 contro il Bayer Leverkusen non scenderà neanche in campo, nonostante una stagione intera da titolare. Gli anni successivi sono duri per i blancos, ma Guti riesce a ricostruirsi come regista basso, dando spazio alle sue qualità di lanciatore.

Quale passaggio filtrante impossibile avrà visto?
Quale passaggio filtrante impossibile avrà visto? / Phil Cole/Getty Images

Nel 2006 torna Fabio Capello in panchina, che Guti lo aveva già conosciuto 10 anni prima. Un allenatore che gli dà nuovamente fiducia e il ritiro di Zidane permettono a Guti di diventare finalmente il trequartista cardine della squadra, un dieci alla vecchia maniera. All'alba dei 30 anni, gli viene finalmente riconosciuto il suo talento, e quelle saranno le sue migliori stagioni al Real Madrid.

Simbolo di quest'esplosione, un po' tardiva, la partita contro il Siviglia, nella quale in poco più di mezz'ora si prende la fascia da capitano e le chiavi del centrocampo, fornendo una prestazione straordinaria, condita dai suoi lanci impossibili. Si racconta che anche l'anno dopo ci sia stata una prestazione leggendaria, ma probabilmente sono solo fandonie. Perché risulta davvero difficile credere che Guti, un buon giocatore che non è mai riuscito ad imporsi tra i campioni, sia riuscito, in una partita vinta 7-0 a mettere a segno una doppietta e quattro assist, entrando di prepotenza in tutte le reti. E invece è vero.

In questo video si possono vedere benissimo tutte le qualità e tutti i limiti di Guti, ma si può anche vedere come sia un giocatore che a volte sembra quasi non completamente in controllo del suo corpo, come un poeta che invoca le Muse per concedergli abilità divine.

Con il passare degli anni si accomoderà sempre più in panchina, con qualche sprazzo di genialità che ancora deve fuoriuscire dai suoi piedi, che non può fermare. Il Besiktas sarà la squadra che lo accoglierà (e dove poi si ritirerà) nel 2010, dopo 542 presenze, 77 gol e 90 assist con la maglia delle Merengues. Facciamo una piccola pausa prima delle considerazioni finali, prendete qualcosa da mangiare, mettetevi comodi, e guardiamo insieme, per almeno due o tre ore quelli che forse sono i due assist più belli della storia del calcio. Due assist che sono arte, arte pura, non hanno il minimo senso o logica, era soltanto la creatività del numero 14 che doveva fuoriuscire, in quel preciso istante, necessariamente.

Il Taconazo di Guti, specialmente quello che diventa un'assist per Benzema, sono la perfetta rappresentazione di ciò che è l'arte per un'esteta come lui. Perché Guti era un dandy anche nella vita privata, tra capelli alla moda, movida, e un sottofondo di disinteresse per la fama o per il successo, ma sul campo produceva opere che non avevano una logica dietro, o una morale, erano opere che vivevano da sole. Quegli assist dovevano obbligatoriamente esprimersi attraverso i suoi piedi, lui non lo faceva per far segnare gli altri, ma solo per estetizzare ancora di più il suo gioco barocco e alimentare il suo ego.

Non so dirvi se Guti rimarrà alla storia, ma una cosa è certa: i suoi assist certamente lo faranno, indipendentemente da ciò che lui è stato come calciatore e da quello che il mondo del calcio è diventato. L'art pour l'art.


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