Giuntoli racconta il mondo Juve: il suo metodo, il progetto, l'obiettivo Champions
Ai microfoni de La Repubblica, il direttore sportivo bianconero Cristiano Giuntoli ha raccontato i suoi primi mesi da dirigente della Juventus. Tanti i temi trattati dall'ex diesse del Napoli: dalla sessione estiva di mercato al caso Pogba passando per il suo metodo di lavoro e l'idea che ha di Massimiliano Allegri. Queste le sue parole.
Il mercato estivo della Juventus
"Sul mercato abbiamo perso giocatori d'esperienza. In compenso abbiamo confermato Rabiot, riscattato Milik e inserito in squadra Weah e Cambiaso per andare nella direzione che abbiamo indicato. L'affare Lukaku è saltato perché c'era un'offerta del Chelsea per Vlahovic, noi non volevamo cederlo ma davanti a certi numeri avremmo accettato. Il Chelsea invece non è mai arrivato a quella cifra e lo scambio non si è fatto".
"Berardi è un calciatore bravo e capace ma ora vogliamo capire quanto valiamo noi. La squadra è molto diversa da un anno fa, ha un deficit di esperienza ma un ritmo più intenso. Allegri e lo staff volevano proporre qualcosa di nuovo e ora con l'abbassamento dell'età media è una necessità: corri di più e aumenta la voglia di fare ma non puoi più lucrare sulla malizia. Il mister è il primo ad averlo capito".
La gestione del caso Pogba
"Aspettiamo le controanalisi e poi decideremo cosa fare insieme al suo management. Non sono irritato per la gestione del suo ritorno, penso solo a quanto ci manca in campo e non ci piangiamo addosso, ora guardiamo avanti. Sul suo eventuale sostituto faremo il punto a Natale, prima vogliamo capire cosa possono darci i giocatori che abbiamo in rosa, poi se ci saranno occasioni le coglieremo".
Lo scouting e la crescita dei giovani
"La Juventus Next Gen è fondamentale per abbassare ingaggi e età media della rosa. Penso a giocatori come Huijsen o Yldiz che sono stabilmente in prima squadra e poi vanno a giocare con passione anche in Serie C. Ma anche Iling-Junior, Soulé, Barrenechea e De Winter, un patrimonio uscito fuori in questi anni. La gestione di una seconda squadra costa ma l'investimento torna moltiplicato e infatti gli altri club ci stanno pensando. Poi questo aiuta a creare un senso di appartenenza al club da parte dei giovani, elemento fondamentale perché la Juventus appartiene alla stessa famiglia da 100 anni. Indossare questa maglia è un privilegio. Quando non hai più soldi degli altri, la differenza lo fa lo spirito. Qui ho trovato grandi professionalità sullo scouting: oggi nel calcio tutti sanno tutto ed è difficile battere la concorrenza sul tempo e fare affare a costi contenuti".
"A Napoli ho colto delle coincidenze: senza la guerra, per esempio, non avrei mai preso Kvara a quel prezzo, senza lo stop dei match per la pandemia probabilmente Osimhen avrebbe fatto 30 gol in Francia e sarebbe finito in Premier League".
L'obiettivo Champions League e il progetto bianconero
"Qui mi sento a casa. In un momento di grande crisi del calcio italiano è necessario fare di necessità virtù. Inseguire la sostenibilità, creare un meccanismo di autosussistenza in cui si può spendere solo in base a ciò che incassi. Abbassare l'età media e il monte ingaggi, avere più giovani che possano crescere nel club e costituire un valore. Creare un ambiente che guardi non solo al risultato ma anche alle prestazioni. Vincere è la cosa più importante ma se vogliamo crescere dobbiamo analizzare le prestazioni e questo richiede del tempo. Noi ragioniamo sulla media distanza ma porre un termine significa anche creare un limite e i limiti sono per i mediocri. Con l'AD Scanavino, il mister Allegri e tutta la dirigenza c'è un programma preciso e condiviso da tutti: tornare in Champions League. Ci serve come vetrina per far crescere i nostri giovani e confrontarsi con i più bravi d'Europa. Le nostre rivali sono Atalanta, Fiorentina, Lazio e Roma. Poi ci sono Napoli, Milan e Inter che sono avanti rispetto a noi perché il loro progetto è partito prima".
Il modo di lavorare di Giuntoli
"Non mi piace il termine "metodo Giuntoli". Sono uno che lavora tanto, che sta attento al rapporto con allenatori, staff, calciatori e agenti. Mi piace stare dietro le quinte e parlare poco. Il calcio non è da one man show, solo tutti insieme possiamo riportare la Juventus dove merita. Sono uno che aggrega".
La posizione di Allegri e il suo staff
"Prima che arrivassi dicevano e scrivevano che il nostro rapporto era complicato, ma non è così. Allegri è la punta di diamante del club, un grande rifermento in questa fase delicata di passaggio. Lui è partito dall'Aglianese, proprio la squadra del mio paese. Pensa il destino. Ed è arrivato due volte in finale di Champions League. Siamo noi che dobbiamo portare la Juventus al suo livello. L'allenatore è il mestiere più difficile del mondo ed è un uomo solo, con tutto il peso sulle sue spalle. Ho sempre protetto i miei tecnici, cerco di capire come ragonano per potermi confrontare con loro e aiutarli. Sono un dirigente che aiuta l'allenatore".
"Nello staff bianconero ci sono persone come Aldo Dolcetti, scienziato del calcio, Marco Landucci, Simone Padoin, solo per fare alcuni nomi. Magnanelli ha sostituito Bianco portando delle idee interessanti, sicuramente, ma chi detta le linee guida è sempre Allegri".