Giochiamo in anticipo Manchester City-Inter, finale di UEFA Champions League

Pep Guardiola, Simone Inzaghi | 90min Italia
Pep Guardiola, Simone Inzaghi | 90min Italia /
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L'Inter è a un passo dalla gloria che solo la vittoria della Champions League sa regalare ma per raggiungerla dovrà superare un ostacolo enorme, quasi insormontabile. In finale i nerazzurri dovranno infatti vedersela con il Manchester City, una squadra che già alla vigilia del torneo era considerata una delle più grandi favorite (se non la più grande) per il successo.

A questo punto della competizione, nessuno vuole tornare a casa a mani vuote e nonostante il mismatch evidente tra le due squadre, la partitissima di Istanbul si annuncia combattuta e complessa sotto più punti di vista.

I punti di forza e di debolezza del Manchester City

Da dove cominciare? Il Manchester City è una squadra che è stata programmata per vincere la Champions League e che di anno in anno ingaggia sempre nuovi campioni diventando ancora più forte. Passando in rassegna i vari giocatori è difficile trovare un reparto meno forte dell'altro ma a sorprendere non è tanto il livello, quanto la profondità della rosa allenata da Pep Guardiola.

Ai Citizens non si può nemmeno contestare una mancanza di esperienza in partite così decisive visto che il blocco di quest'anno è praticamente lo stesso che ha già disputato (e perso) la finale contro il Chelsea due anni fa.

Se proprio dovessimo trovare il pelo nell'uovo, l'unico fattore esterno che potrebbe condizionare il City è la sua necessità assoluta di vincere la Champions. Quando giochi per conquistare trofei, la pressione è sempre altissima e sabato sera gli inglesi potrebbero in un certo senso patire il favore dei pronostici contro un avversario che, come ora vedremo, non ha nulla da perdere.

I punti di forza e di debolezza dell'Inter

FC Inter vs AC Milan - UEFA Champions League
FC Inter / Anadolu Agency/GettyImages

Per l'Inter è già un sogno essere a Istanbul. Se dopo il sorteggio dei gironi qualcuno avesse pronosticato non la finale ma anche solo il passaggio agli ottavi, lo avrebbero preso per matto. E invece Simone Inzaghi è riuscito a far fuori il Barcellona, a colonizzare la Lisbona calcistica e ad avere la meglio in un EuroDerby che passerà alla storia. Come si dice in questi casi: abbiamo fatto 30, facciamo 31.

L'impresa appare possibile se pensiamo che i nerazzurri hanno finalmente ritrovato la Lu-La, con Romelu Lukaku che ha un personalissimo conto in sospeso con le squadre di Premier League e sabato sera potrebbe togliersi qualche sassolino dalla scarpa.

Per quanto riguarda i punti deboli, l'Inter pecca nelle alternative. Tolti i titolarissimi, sono pochi (al di là dell'attacco) i giocatori in panchina che hanno le potenzialità per ribaltare la partita qualora dovesse mettersi male.

La possibile chiave tattica

Sembra quasi scontato pronosticare un Manchester City dominatore del gioco e un'Inter arroccata in difesa, attenta ad approfittare della minima ingenuità dei Citizens per ripartire in contropiede e colpire con le sue micidiali transizioni. Tuttavia, la semifinale con il Real Madrid ci insegna che l'atteggiamento passivo, contro giocatori simili, non ripaga e, anzi, viene pagato a caro prezzo. La squadra di Guardiola terrà sì il pallone per molto (mooolto) tempo ma, personalmente, mi aspetto tanta aggressività da parte della banda-Inzaghi.

Decisivi saranno i duelli sulle fasce, dove Dimarco e Dumfries dovranno tirare fuori il coraggio e aggredire la profondità costringendo Bernardo Silva e Grealish a ripiegare e a perderne in termini di lucidità.

Chi può decidere la finale di Champions League?

Erling Haaland
Chi se non lui? / Michael Regan/GettyImages

Viene da ridere al pensiero che appena l'estate scorsa c'erano enormi dubbi sulle effettive possibilità che Erling Haaland potesse calarsi negli schemi tattici di Guardiola. D'altronde, il matrimonio tra l'attaccante-boa che partecipa ben poco alla manovra e il tecnico che fino a poco fa credeva che lo spazio fosse il miglior centravanti non poteva che partire da presupposti molto discutibili. Invece il gigante norvegese ha rivoluzionato il pianeta guardiolano conferendogli un'accezione più pragmatica. Lo dimostrano i 36 gol in 35 partite di Premier League.