Frattesi: "Mio nonno era juventino. Io Principino? Per via di Marchisio"
Il centrocampista del Sassuolo Davide Frattesi si è raccontato ai microfoni della Gazzetta dello Sport. Il classe '99, autore di due gol consecutivi contro Venezia e Juve, ha parlato della sua famiglia ma anche della sua precedente esperienza alla Roma.
La famiglia?
"Nonno Carmine era il mio super tifoso, quello che ci credeva di più quando io ero piccolino. Veniva a vedere tutte le partite, scriveva la pagella e me l’attaccava sulla porta di casa. Una volta segnai con la Primavera della Roma e si sentì male. Impossibile non pensare a lui. Mia mamma Sonia mi ha fatto un sorriso gigantesco. L’ho abbracciata e le ho detto: 'Pensa al nonno, era juventino, chissà come l’avrebbe presa'. La gioia dopo quel gol è soprattutto per i miei genitori che hanno fatto tanti sacrifici. Mi emoziona vedere felici loro e i miei fratelli Chiara, la bella della famiglia, e Luca".
Anche il suo soprannome, Principino, nasce dentro le mura di casa vero?
"Sì, è stata nonna Stefania a chiamarmi così perché dice che assomiglio a Marchisio. Magari... Al momento ho realizzato circa un milionesimo di quanto ha fatto lui. Claudio è un esempio, una delle persone del mondo del calcio che più mi è rimasta dentro. Lo conobbi anni fa, quando ero alla Roma. Spalletti mi portò in panchina contro la Juve (14-5-2017, ndr), chiesi la maglietta a Marchisio e lui volle la mia. “E che te ne fai?” gli dissi. Ieri mi ha scritto un messaggio per farmi i complimenti: bello".
Avete festeggiato la vittoria di Torino?
"Una serata fantastica non solo per noi, ma anche per i tifosi e i dirigenti. Abbiamo festeggiato il giusto, ma se non batteremo l’Empoli il successo con la Juve non sarà servito a nulla. Mercoledì siamo stati meno belli di altre volte, ma più concreti. Abbiamo giocato da squadra, come vuole l’allenatore".
Allo Stadium ha mostrato la specialità della casa: inserimento e gol.
"È una qualità che ho sempre avuto e che cerco di sviluppare. Da piccolo facevo l’attaccante e la voglia di gol mi è rimasta dentro. Allo Stadium gran parte del merito va a Defrel che mi ha dato una palla perfetta. Infatti gli ho detto che gli regalo quello che vuole. Nei limiti eh, perché il budget è contenuto...".
Si nasce “invasore” o ci si può diventare?
"Le caratteristiche naturali contano, ma credo che siano cose su cui si può lavorare in allenamento. Per i difensori è difficile affrontare chi arriva lanciato in velocità da dietro".
Chi è il più bravo in Europa nell’inserimento?
"Mi mette in difficoltà perché io non guardo le partite. Se lo faccio, mi viene voglia di andare a correre dietro al pallone in giardino e allora evito. Però posso dirle che la mezzala più forte è De Bruyne, anche se è quasi riduttivo definirlo così; che Marchisio era un modello; che Strootman prima dell’infortunio mi faceva impazzire perché aveva forza, corsa e qualità; che De Rossi era il mio idolo e infatti indosso il 16 in suo onore".
Il Sassuolo può giocare con il centrocampo a due e a tre. Per inserirsi, meglio a tre.
"Sì, e a inizio stagione le avrei detto che preferivo questa soluzione. Ma nel centrocampo a due tocchi molto di più il pallone, sei sempre nel vivo dell’azione e così migliori tanto".
Ci rimase male quando la Roma la cedette al Sassuolo?
"Sì, da romanista sarei voluto restare. Ma tutto si metabolizza e adesso sono felicissimo di essere al Sassuolo".
Ha indossato la maglia azzurra fin dall’Under 17.
"E naturalmente sogno la convocazione in Nazionale: è un obiettivo anche se devo ancora crescere tanto. In azzurro ho già fatto un lungo cammino nelle giovanili, pieno di soddisfazioni e di bastonate".
È ancora goloso di pane e nutella?
"Sì, ma non diciamolo a nessuno. La mangio di nascosto...".
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