FOCUS | LaLiga in Italia - Intervista a Juan V. Marín

Juan V.Marín, delegato de LaLiga in Italia
Juan V.Marín, delegato de LaLiga in Italia / 90min
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Esclusiva - No es fútbol Es LaLiga. Un motto semplice e allo stesso tempo diretto, quello scelto dalla massima associazione di calcio professionistico spagnolo - composta da 20 club di prima divisione e dai 22 di seconda - per promuovere il proprio brand a livello mondiale, con l'ambizione di far capire a tutti gli appassionati che LaLiga va ben oltre il campo e mira ad essere una forma d'intrattenimento a 360 gradi. La crescita esponenziale degli ultimi anni, sia in termini di ascolti che di introiti derivanti dalla vendita dei diritti internazionali, è anche figlia de LaLiga Global Network, un progetto voluto fortemente dal Presidente Tebas, che prevede una forte presenza territoriale in tutto il pianeta con 11 uffici internazionali e 46 delegati che operano in maniera attiva sui mercati di appartenenza garantendo una conoscenza e una visione globale senza eguali in tutto il panorama calcistico. Per capire di più su questo progetto che può sembrare avveniristico, soprattutto se paragonato alla nostra Serie A, abbiamo fatto quattro chiacchiere con Juan Vicente Marín, delegato de LaLiga per l'Italia, che ci ha spiegato quanto sia importante essere fisicamente presenti su un territorio per poter sviluppare la propria strategia di sviluppo, parlandoci inoltre dei progetti in corso e di quelli futuri.

Quando nasce l’idea de LaLiga Global Network?

"Il progetto è nato tra la fine del 2016 e l'inizio del 2017 da un'idea del Presidente Tebas, che ha pensato che poter contare su un network di delegati presenti in tutto il mondo fosse un'ottima strategia per la crescita del brand a livello internazionale. Tutti i delegati selezionati, hanno raggiunto la propria destinazione nel 2017, dopo aver sostenuto un corso intensivo di formazione e superato un processo di selezione di oltre 12mila persone. 3 anni e mezzo dopo possiamo dire che i risultati raggiunti a livello globale sono ottimi".

Quanti sono di delegati de LaLiga presenti nei mercati esteri al momento?

"Al momento siamo presenti in 55 paesi, con 11 uffici e 46 delegati. Praticamente siamo presenti in tutto il mondo, perché ciascun delegato non si occupa solamente del paese in cui fa base, io che sono in Italia per esempio mi occupo anche di Cipro e questo ci permette di ampliare notevolmente il nostro raggio d'azione".

Evento di presentazione de El Clasico organizzato da LaLiga
Evento di presentazione de El Clasico organizzato da LaLiga / Brian Ach/Getty Images

Quali sono i compiti e le responsabilità di un delegato? 

"Il compito principale è chiaramente essere vicini ai nostri broadcaster che al momento sono i clienti principali e questo ci consente di avere una maggiore visibilità che porta alla crescita del brand. Il nostro lavoro aiuta a far crescere gli ascolti e a garantire una presenza costante de LaLiga nei mercati in cui operiamo"

Le strategie cambiano a seconda del paese in cui ci si trova?

"Sì, nonostante le responsabilità di tutti noi delegati siano simili, le strategie variano a seconda del paese, della regione o del continente in cui ci si trova e la presenza fisica sul territorio invece ci aiuta a capire quale sia la strategia migliore da adottare in un determinato paese. In Italia per esempio lavoriamo molto con la Serie A soprattutto nella lotta contro la pirateria che è molto diffusa nei paesi latini. Recentemente abbiamo lavorato insieme ad uno studio che dimostra come una superlega europea sarebbe dannosa per le leghe nazionali e anche per far capire ai club quanto sia importante lavorare per far sì che l'immagine internazionale della lega sia più forte, in modo da poter ottenere maggiori introiti dalla vendita dei diritti all’estero, senza dover dipendere quasi esclusivamente dagli introiti derivanti dalla partecipazione a una ipotetica competizione europea destinata a poche società. Oltre alle istituzioni sportive, lavoriamo anche con quelle spagnole presenti sul territorio italiano, come ambasciata, camera di commercio e Istituto Cervantes e questo ci aiuta a promuovere anche il marchio Spagna che per noi è altrettanto importante. È importante far capire che per noi la Serie A non è la concorrenza, ma un partner. Se parliamo di "concorrenza", sarebbero tutte quelle competizioni sportive internazionali che vengono trasmesse dai broadcaster italiani. Il nostro obiettivo è cercare di essere la prima lega straniera non solo in Italia, ma in tutti i paesi".

Puoi fare degli esempi pratici di progetti che state portando avanti in Italia?

"Recentemente, in periodo di lockdown, abbiamo organizzato dei corsi di Sport Business e Sport Marketing assieme all’Istituto Cervantes per avvicinarci non solo agli appassionati di calcio, ma anche a studenti ed imprenditori desiderosi di conoscere quelle che sono le nostre strategie. Adesso, avendo anche la nostra Business School, stiamo portando avanti dei progetti anche con le università italiane con la finalità di inserire i nostri corsi nella didattica universitaria e ciò permetterà anche il conseguimento della certificazione di lingua spagnola tramite l’Istituto Cervantes. Cerchiamo di portare avanti iniziative di sviluppo in ambito digital in collaborazione con gli influencers italiani più importanti. Per promuovere El Clasico qualche settimana fa, abbiamo organizzato una conferenza stampa virtuale con tutti i media italiani, che prima del lockdown incontravamo periodicamente in eventi dedicati. Inoltre cerchiamo di essere il più vicini possibile ai fans con iniziative di marketing. L'Italia è un paese in cui la conoscenza calcistica è elevatissima e molte volte ciò che proponiamo in ambito strategico ed economico interessa di più dell’ambito sportivo, per questo oltre alle classiche conferenze stampa di presentazione della stagione sportiva, abbiamo organizzato anche conferenze che parlavano di impatto economico, controllo finanziario ed introiti".

Da quando siete presenti sul territorio, hai notato una crescita dell'interesse per LaLiga da parte del pubblico italiano?

"Certamente. Da quando abbiamo iniziato il nostro percorso 3 anni e mezzo fa, tutti i parametri che utilizziamo per valutare il nostro lavoro ci dicono che la strategia utilizzata è quella corretta e stiamo procedendo nella giusta direzione, che è quella di crescere a tutti i livelli. L'immagine che vogliamo trasmettere è quella di una lega forte composta dalle 20 squadre de LaLiga Santander e dalle 22 de LaLiga SmartBank, per questo riteniamo opportuno fare un importante lavoro di comunicazione che ci avvicini a tutti gli appassionati. È importante far capire che LaLiga non è solamente Real Madrid e Barcellona, che sono importanti sia per noi che abbiamo la fortuna di poter esportare “El Clasico” in tutto il mondo, sia per il calcio europeo, visto che hanno vinto 6 delle ultime 10 Champions League. Il nostro lavoro ci porta a non dover dipendere dai loro successi sportivi e questo può essere possibile solo se si ha un brand di lega molto forte e grazie a questo percorso, negli ultimi anni siamo riusciti a ricavare maggiori introiti dalla vendita dei diritti tv all'estero nonostante Cristiano Ronaldo avesse lasciato il Real Madrid. La differenza a livello d'immagine, la fanno squadre come il Siviglia che è riuscito a vincere 6 Europa League negli ultimi 15 anni. In questo momento abbiamo squadre storiche molto forti e con una grande tradizione calcistica, come Valencia, Betis, Athletic Bilbao e Real Sociedad. Quest'ultima, non a caso, è al momento in testa alla classifica".

Visto che lavorate a stretto contatto con la Serie A, vi hanno chiesto consigli su come valorizzare il brand a livello internazionale?

"La Serie A ha dei margini di crescita. Ci sono squadre fortissime e il calcio ha un seguito incredibile. Se si prende un taxi in qualsiasi città italiana, probabilmente si finisce a parlare di calcio e se si fa il paragone con la Spagna, ci sono 20 milioni di abitanti in più. A valutare la situazione dall'esterno, quello che manca è l’unione d'intenti tra i club che porta ad avere una strategia comune, finalizzata a crescere a livello internazionale. Quando facciamo delle conferenze con il Presidente Tebas, il concetto che viene ripetuto più spesso è che la differenza per la valorizzazione di un brand la fanno la strategia internazionale e la vendita del proprio prodotto nei mercati esteri. A livello nazionale la crescita è più marginale perché hai quasi raggiunto il tetto".

Qual è il vostro obiettivo a lungo termine?

"Il nostro obiettivo è continuare a crescere. Se guardo alla Premier League, hanno iniziato a costruire la propria strategia internazionale più di 20 anni fa. A quel punto per non rimanere indietro, hanno capito che l'unica strada da percorrere era quella di sviluppare un marchio che fosse forte anche all'estero. È chiaro però che vogliamo crescere in maniera sostenibile. In quest’anno così particolare per esempio, abbiamo suggerito a tutti i club di fare attenzione ai costi, in quanto con gli stadi vuoti sono venuti a mancare gli incassi derivanti dalla vendita dei biglietti. La solidità finanziaria dei nostri club è un aspetto a cui prestiamo molta attenzione ed è fondamentale per proseguire la nostra crescita, ormai costante dal 2015".


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