David Silva, finte di corpo e sterzate

Si ritira Merlín.

David Silva
David Silva / Laurence Griffiths/GettyImages
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Si ritira una leggenda del calcio contemporaneo. Un video con una breve descrizione letta dal protagonista e la didascalia "Muchas gracias... fútbol". Lo scrive lui, ma non ci sarebbe nulla di strano se qualcuno lo salutasse con la stessa frase. David Silva ha incarnato quello che per anni, per molti in modo erroneo, per altri in modo generalmente giusto, è il calcio. Una sfaccettatura delle tante che ha questo sport. Il calcio spagnolo esportato durante una decade a Manchester, presentato con le sue caratteristiche migliori: la qualità tecnica e la semplicità.

David Silva ha 37 anni, è un canario nato nel paese di Arguineguín conosciuto come inizialmente come El Chino per le sue origini giapponesi della madre, e poi come Mago, Merlín, Little Wizard e ogni nome inerente la magia che vi venga in mente. Come qualsiasi figura che supera i limiti umani, ha conservato alcuni tra gli anni migliori della sua carriera nella seconda fase, quella in cui un calciatore supera i 30 anni. La fase della saggezza, del controllo assoluto.

Ci sono tanti modi per ricordare David Silva, questo di Daniele Morrone su l'Ultimo Uomo è uno dei migliori. Merlín come bambino che, insieme ad altri poco più giovani di lui, si destreggiava sulle lunghe spiagge di Gran Canaria per incrementare quel talento, quella passione per la palla che negli anni a venire si trasformerà in controllo, passaggi qualitativi, cross e tiri intelligenti.

Ha giocato nell'Eibar come approccio al professionismo, poi nel Celta Vigo prima di tornare a Valencia per esplodere definitivamente, formare parte attiva del Ciclo de Oro della Spagna tra il 2008 e il 2012, e scegliere il "nuovo" Manchester City per diventare leggenda. Salutata l'Inghilterra è tornato in patria a San Sebastián, dove ha indossato la camiseta della Real Sociedad per tre stagioni, prima di soffrire la rottura del legamento crociato nel corrente precampionato e salutare per sempre il calcio.

È questo il tributo della squadra di cui ha vestito la maglia 436 volte, segnando 76 gol e fornendo 161 assist diretti. Il risultato tangibile sono i 13 trofei vinti con i citizens, quello evidente, ma più complicato da registrare è il cambiamento che il City ha vissuto con lui e in parte anche grazie a lui. Nel video-saluto del Manchester si vede David Silva che cammina verso il centro dell'Etihad Stadium, volge lo sguardo a una metà del campo e trova degli scarpini a formare la heatmap della sua carriera.

Sono posizionati tutti nelle zone battute più volte dal talento spagnolo, con una foto ad accompagnarli. Il mancino le prende e rivive la sua carriera. Tra tutte ne troviamo una forse più speciale delle altre perché conservata all'interno ricordo gigantesco di Manchester City-QPR 3-2, la rimonta più iconica all'ultima giornata di Premier League. Chiunque pensi in modo spontaneo a quella gara, visualizza istintivamente Mario Balotelli che allunga la sfera per Aguerooooooo. Bene, ma quel gol decisivo il Manchester, sotto di uno, arrivò soltanto grazie al colpo di testa del pareggio di Edin Dzeko, servito da un calcio d'angolo perfetto per potenza e precisione, disegnato proprio dalla zurda di David Silva.

David Silva, Fabio da Silva
Manchester City v Queens Park Rangers - Premier League / Alex Livesey/GettyImages

Di aneddoti ce ne sono molti sulla sua carriera. Dal legame con Juan Carlos Valerón, originario di Arguineguín come lui agli iniziali dubbi di Pep Guardiola, poi rapidamente risolti, sulle potenziali difficoltà del Mago in Premier League. "Un giocatore tecnico, e per come vedevo il calcio inglese da fuori, pensavo che forse avrebbe vacillato. Ma sono felice di essermi sbagliato. [...] Giocare 400 partite significa tanti anni, tanti brutti momenti, tanti bei momenti, esserci giorno dopo giorno, settimana dopo settimana. Lo ammiro tantissimo. Puoi fare una buona stagione, ma farne quasi dieci a questo livello ha semplicemente dell'incredibile" (AS).

Alcune volte ci si ritrova sorridenti e felici anche di compiere un errore.

Finte di corpo e sterzate

Con l'avanzare del'età, nella maggior parte dei casi, diminuisce la prestanza atletica. I funamboli che hanno come principale arma la velocità spariscono dai radar al performare della stessa, quelli che invece vantano una buona dose di tecnica cambiano modo di interpretare il ruolo, o addirittura cambiano ruolo. Poi c'è David Silva. Uno che ha raccolto in sè le doti di un esterno, di un trequartista, di una mezz'ala, di un falso nove e di un centrocampista puro.

A definire meglio il genio e in generale la carriera di David Silva è stato forse Joe Hart in una recente intervista su Fozcast con Ben Foster.

"Solo un piccolo personaggio incredibile, David Silva. Un calciatore straordinario. Mi faceva ridere ogni giorno...non è veloce, ha soltanto un piede a livelli che sembra uno scherzo, è debole (fisicamente) ma nessuno riesce a toccarlo. Non colpiva di testa, era alto un metro e 70, non era particolarmente forte, cominciava ad allenare i bicipiti in estate. Non aveva nemmeno una grande forza nel suo mancino, ma wow che giocatore è stato. E che ragazzo, davvero un bravo ragazzo anche molto divertente."

Joe Hart - Fozcast
David Silva, Joe Hart
Manchester City v Queens Park Rangers - Premier League / Alex Livesey/GettyImages

Aggiungendo le mancanze sottolineate dall'ex portiere del Manchester City, ci saremmo trovati a parlare di un Lionel Silva o David Messi spagnolo. Lui con l'argentino ha avuto in comune il mancino e l'altezza. Il primo, come detto da Hart, con meno forza e probabilmente anche meno precisione e sulla seconda non ha potuto incidere molto. Tra le tante sono però altre due qualità che spiccano nella carriera del 21: finte di corpo e sterzate.

Sì, quelle di Messi sono realizzate a una velocità talmente imbarazzante che occorre dimenticare il confronto il prima possibile. Ma come ha fatto un uomo a diventare Mago Merlín senza quel dribbling geniale e fantasioso che fa innamorare, senza quella velocità necessaria fisicamente per superare un altro uomo? Se è vero che quasi tutti i mancini (ci perdonerà Kostic) hanno quella tendenza innata a rientrare sul piede forte e prendersi le corsie centrali del campo, non tutti riescono a farlo con quella tranquillità nel giocare pressato e nell'evitare il traffico di David Silva.

Non occorre sviscerare higlights lunghi decine di minuti per cercare le finte di corpo e le sterzate migliori della sua carriera. Basta un video perché un primo segnale di quello che sarebbe stato a Manchester il canario l'aveva lanciato proprio con il primo gol in maglia citizens, il 17 ottobre del 2010 contro il Blackpool.

La zona è il vertice destro dell'area di rigore e sembra tutto facile al punto da farci dubitare sul reale ruolo di professionisti degli avversari in questione. Silva riceve e minaccia il tiro a giro, sterzando per evitare il primo avversario, che cade a terra; 'ora tirerà' è sicuramente il pensiero del secondo che compie una goffa scivolata viene evitato alla stessa maniera. Lo spagnolo non tira, sterza ancora. Nel frattempo, il primo difensore recupera e lo sbilancia rischiando di farlo cadere. È in questo momento che forse parte del calcio da spiaggia prende inconsciamente il controllo del fantasista. Se cade è rigore, ma Silva punta con forza il piede destro, riprendendo equilibrio e lasciando la sfera lontana da un possibile intervento del marcatore. Braccio destro allargato per allontanarlo ancora ed esterno sinistro per preparare il tiro: sono movimenti che David Silva compie simultaneamente cercando di spiegarsi il più possibile, distendendo al massimo le parti del suo corpo più lontane tra loro. La conclusione è la parte minore, quasi superflua. Il difensore non può intercettarla, il portiere non può pararla.

Ecco, il suo primo gol al Manchester City racchiude gran parte di ciò che David Silva è stato offensivamente. Incursioni, sterzate, finte di corpo e facilità di calcio, spesso sul primo palo quando chiunque lo aspetterebbe sul secondo. Il tutto con un calma apparente che è l'arma più spaventosa contro un difensore. Con la sinuosità di un mago intelligente e pacato, almeno in campo.