Cosa ricordo dello Scudetto della Roma del 17 giugno 2001
"Oggi me sembra che er tempo se sia fermato qui". Una strofa di "Roma Capoccia" di Antonello Venditti può riassumere cosa penso ogni 17 giugno. Nel 2001 avevo 14 anni, ma ricordo nitidamente tutta quella meravigliosa stagione che regalò a me e ad altri innamorati pazzi romanisti lo scudetto, quello che per me fu il primo (e anche l'ultimo). Una gioia immensa e purtroppo, visti i 19 anni passati, irripetibile. Almeno fin quando il Dio del calcio non si degnerà di ricordarsi anche della Roma, e quindi di noi.
Sarei in grado di raccontarvi tutta la stagione, praticamente per filo e per segno, ma non lo farò per questioni di spazio. Ma il bolide su punizione di Batistuta a Verona, la vittoria nel fango di Bergamo, il derby vinto con la Lazio grazie all'autogol di Paolo Negro (sempre sia lodato), il pallonetto di Montella al Milan così come il pareggio in casa della Juve e il tunnel di Damiano Tommasi a Zinedine Zidane sono solo una parte dei ricordi di quell'annata che mi incendiano il cuore e mi fanno commuovere ogni volta.
Il 17 giugno 2001 c'è Roma-Parma. All'epoca mio padre aveva un ristorante non troppo lontano da casa e ho visto lì tutte le partite di quell'anno. Sono uscito con mamma con 5 bandiere (cinque), giusto per ricreare una Curva Sud de noantri nella sala dove vedevamo le partite io e tante altre persone. Faceva un caldo maledetto, difficile da raccontare a parole, ma con la mia fedele maglia della Roma (per farmela comprare dai miei genitori li ho letteralmente assediati per mesi) ho guardato il cielo quasi a cercare una risposta alla domanda "Vinceremo questo scudetto (dopo aver dominato il campionato dall'inizio alla fine)?". Mi piace pensare che quel sole, accecandomi, mi abbia risposto positivamente.
Ma sono sincero, la paura c'era, ed era tanta. Mi aveva avvolto dopo la punizione di Pecchia a Napoli. Domenica 10 giugno ero in piazza San Giovanni, dove avevano installato i maxi-schermi per scongiurare - inutilmente l'esodo dei tifosi giallorossi verso il San Paolo, in cui sarebbe bastata una vittoria per laurearci Campioni d'Italia. E fino a pochi minuti dal termine la missione l'avevamo portata a compimento. Ma poi è andata come è andata e ci siamo ridotti all'ultima giornata. Avete mai visto la Roma evitare qualche sofferenza? Impossibile, certo come il sole e la luna o un fiume che sfocia in mare. Tornando a quella bellissima domenica, arrivo al mio posto con svariate ore d'anticipo, alle 11 circa. E passo il tempo seduto a fissare il vuoto in religioso silenzio.
Fino a che l'arbitro Braschi non fischia il calcio d'inizio. Un po' maledico mio padre per non avermi potuto portare, e mandare, allo stadio, ma tant'è. Conta solo vincere. Il tappo della tensione esplode dopo 19 minuti, giusto il tempo che serve per far arrivare palla a Candela sulla sinistra, crossare teso al centro dove Montella fa velo e arriva Totti a squarciare la rete e volare sotto la Sud. Tutti sapevano che saremmo diventati Campioni d'Italia, ma non io (che l'anno successivo sul 5-1 contro la Lazio ancora non ero tranquillo). C'era ancora un'eternità da giocare. E così Montella raddoppia e Batistuta triplica. Ma non posso rilassarmi, perchè Di Vaio accorcia le distanze. Ecco, è finita, vedrai che ora si rifanno sotto. A spaventarmi a morte, però, non sarà l'accenno di rimonta, ma l'invasione di campo dei tifosi, di tanti esaltati (come me) che non sono riusciti ad aspettare qualche minuto in più per festeggiare. Lì ero praticamente certo che Braschi avrebbe sospeso la partita e noi avremmo gettato al vento uno degli scudetti più meritati della storia del campionato italiano.
Fortunatamente non è andata così, ma per me fino al fischio finale non saremmo stati Campioni d'Italia. Ho cominciato a crederci ai cenni di Braschi ai giocatori di avvicinarsi verso il tunnel degli spogliatoi. Quando ho visto Tommasi agitare le braccia esultando. Quando ho visto una telecamera poggiata sul bancone per riprendere un pomeriggio che sarebbe rimasto nella nostra storia da un tizio e finita in mille pezzi quando tutti siamo esplosi di gioia. Ma anche quando dopo pochi secondi di silenzio il proprietario della malcapitata ha abbracciato "l'autore" del gesto, roba che se fosse successo 24 ore prima sicuramente avremmo dovuto chiamare la Polizia.
Poi... "La partita finisce in questo istante, con qualche minuto d'anticipo, la Roma è Campione d'Italia per la stagione 2000-2001, il titolo tricolore, il terzo della storia giallorossa, arriva all'ultima giornata ma soprattutto dopo un campionato letteralmente dominato dagli uomini di Fabio Capello. E' invasione, invasione di campo, mai scudetto fu più meritato...". Uno scudetto raccontato così da Riccardo Cucchi a "Tutto il calcio minuto per minuto", parole che ricordo a memoria e che ho registrato e avuto come sveglia per tanto tempo. Ore 17 e 04, piangevo felice.
Del tragitto verso casa ricordo le macchine, la gente commossa e impazzita, ho registrato tutto nella mia mente perchè sapevo che per rivivere una gioia così grande avrei dovuto aspettare tempo immemore. Arrivo a casa e mi piazzo davanti alla tv, cercando di guardare tutto il possibile: 90° minuto, Goleada, La Domenica Sportiva, Controcampo e TeleRoma 56. Per la gioia mi venne la febbre a 39, ma una malattia così vorrei senz'altro riviverla presto. Non mangio, non ho fame perchè sono appostissimo così. Mi metto a letto e non dormo, fisso il soffitto con un sorriso da ebete, ancora incredulo. Poi però ricordo nitidamente la voce di un ragazzo che per strada, in piena notte sotto casa mia, urlava "Semo Campioni d'Italia!!!". E, non so perchè, solo lì ho realizzato che era tutto vero. La Roma era Campione d'Italia.
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