Cosa non ha funzionato nella Juventus di quest'anno?

Allegri
Allegri / Valerio Pennicino/GettyImages
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La sconfitta rimediata in casa contro il Napoli ha lasciato l'amaro in bocca ai tifosi della Juventus. I bianconeri hanno subito nei minuti finali della sfida la volée di Giacomo Raspadori, che ha regalato a Spalletti tre punti fondamentali per quella che poi sarà - probabilmente - la festa Scudetto degli azzurri al Maradona. Allegri, nel corso del post-partita, ha comunque elogiato il gruppo. Il tecnico della Juve, però, era visibilmente provato ed è complesso dargli torto considerando quanto la stagione della Vecchia Signora sia stata travagliata. Cosa è andato storto nella Juventus di quest'anno? Proviamo ad analizzare diversi fattori.

Aspettative troppo alte dai nuovi arrivi

Se guardiamo la campagna acquisti della Juventus, spiccano su tutti gli ingaggi di Paul Pogba e Angel Di Maria. Il francese - in seguito a un'annata piuttosto deludente con il Manchester United - era tornato in grande stile a Torino, con i tifosi che gli avevano riservato la più calorosa accoglienza alla Continassa. Peccato che poi la stagione del centrocampista si sia rivelata tutto fuorché elettrizzante: diversi gli infortuni, un calvario che non ha mai avuto fine e che sta terminando solo ora, nella fase finale della stagione. Discorso per certi versi affine a quello di Di Maria: l'argentino era arrivato a Torino con delle aspettative altissime considerato il pedigree di tutto rispetto e anche le caratteristiche tecniche. Anche per lui il dato anagrafico non è d'aiuto e l'annata ha regalato alti e bassi: nei momenti cruciali della Champions "El Fideo" non è stato presente, col rimpianto del forfait a partita in corso contro il Maccabi Haifa e per l'assenza nei match cruciali con Benfica e PSG. A loro aggiungiamo anche quello che doveva essere il playmaker della squadra: Leandro Paredes. Il giocatore non è mai entrato nel mosaico tattico di Allegri e, nelle poche presenze collezionate, è stato macchinoso e goffo, lontanissimo parente del talento visto alla Roma. Se da un lato i nuovi acquisti hanno totalmente deluso le aspettative (con un hype forse eccesivo) un'altra motivazione della stagione della Juve caratterizzata da più ombre che luci la si può trovare nell'inefficienza del reparto offensivo.

Sporting CP v Juventus: Quarterfinal Second Leg - UEFA Europa League
Di Maria / Zed Jameson/MB Media/GettyImages

Il problema del centravanti

Se prendiamo in considerazione il reparto offensivo non si può non citare Dusan Vlahovic: la sua involuzione è evidente anche meramente a livello statistico, solo otto sigilli quest'anno in campionato in ventidue partite giocate. Per un giocatore che è stato etichettato come "un investimento", il rendimento è deludente. E' vero che sono arrivati i due gol in Europa League contro Nantes e Friburgo, ma sicuramente ci si aspettava qualcosa in più dal serbo soprattutto in termini realizzativi. Allegri ha detto più volte di essere contento del lavoro svolto finora da Vlahovic, ma in queste situazioni - soprattutto se si vedono le statistiche - non c'è molto su cui sorridere. Milik? Ottima riserva d'esperienza, ma non basta per risolvere questo problema che affligge da tempo il club. Infatti, se guardiamo anche il rendimento del polacco, sono soltanto otto i gol fatti (gli stessi di Vlahovic), dimostrazione evidente di come la Juve non abbia sopperito a dovere una mancanza che in diverse partite si è fatta sentire. Kean? Anche per lui otto gol in stagione, con prestazioni decisamente altalenanti. Alla Juve serve una punta per tornare competitiva. Vlahovic, Kean e Milik - dati alla mano - hanno deluso, ma se per il primo c'è l'alibi dell'investimento (a lungo termine) sugli altri due probabilmente bisognerebbe farsi qualche domanda.

Dusan Vlahovic
Vlahovic / Octavio Passos/GettyImages

Le vicende extra-calcistiche e il gioco di Allegri

Non era facile ovviamente motivare il gruppo dopo i quindici punti di penalizzazione (poi, almeno provvisoriamente, restituiti). I bianconeri si trovavano in una situazione a dir poco surreale, con Allegri che ha dovuto "ricucire" il gruppo. Se da un lato bisogna spezzare una lancia a favore del tecnico livornese, dall'altro invece bisogna dire che tutte le vicende extra-campo hanno influenzato non poco l'ambiente. Europa che conta, un paio di giornate fa, abbastanza lontana e stagione definitivamente compromessa. L'annata della Juve è stata caratterizzata da molti alti e bassi anche dal punto di vista tecnico. Allegri, quest'anno, ha dovuto in primis difendere sé stesso: contro la prima in classifica e contro le squadre di medio-bassa classifica la Juve si è fatta notare per un atteggiamento ritenuto troppo arrendevole da parte dei tifosi. Al di là del processo virtuoso per ricompattare il gruppo sarebbe anche opportuno far capire alla squadra che i tre punti non possono mai arrivare per grazia divina ma per grinta e gioco espresso (Monza, Sassuolo, Napoli, Milan giusto per citare alcune delle tante sfide). Lasciare agli altri il pallino del gioco e affidarsi ai soli guizzi porta con sé degli ovvi rischi. Il problema è proprio questo: la fiducia riposta sempre in un attaccante e il possesso palla che rimane in mano agli altri. Pogba, Di Maria, Paredes, Vlahovic e il resto del reparto offensivo sono finiti sul banco degli imputati ma è giusto anche citare l'allenatore. La teoria del "corto muso" funziona solo parzialmente per attrare i tifosi. Un gioco che non infiamma che ha trovato nelle situazioni extracampo una sponda ulteriore, un nuovo motivo di criticità da affrontare. Nella speranza che la Coppa Italia o l'Europa League possano far tornare il sorriso.