Cosa ci ha lasciato l'andata della semifinale di Champions tra Real e City?
Il Real Madrid e il Manchester City hanno pareggiato 1-1 nell'andata delle semifinali della UEFA Champions League. A Vini jr. ha risposto Kevin De Bruyne, con entrambi i giocatori che hanno segnato dal limite dell'area con una conclusione imprendibile per il portiere avversario. Da un lato il pragmatismo blanco, dall'altro il gioco collaudato con ritmi di un rullo compressore dei Citizens: due poli opposti che si schiacciano, ma non in senso negativo. Real e City, ieri sera al Bernabeu, hanno dato vita a uno spettacolo unico per ogni appassionato di calcio. Rivedendo il match di ieri ci siamo chiesti cosa hanno lasciato i due club dopo questo primo incontro delle semifinali? Proviamo a scoprirlo.
Cinismo e razionalità
Inutile negarlo: il vantaggio del Real Madrid griffato Vini jr. è arrivato nel miglior momento del Manchester City. La squadra di Guardiola ha fatto del fraseggio ostentato il suo credo calcistico, ma il tiki-taka non è stato producente per i Citizens (nella prima frazione). Il Real, con un solo tiro in porta nel primo tempo, è riuscito - almeno in quel momento della gara - a far venire a galla i piccoli punti deboli dell'avversario. Merito anche di Ancelotti, che ha estratto dal cilindro una nuova versione di Camavinga (centrocampista adattato al ruolo di terzino sinistro), autore del coast to coast che ha portato poi al primo gol del Real. Menzione speciale anche per Luka Modric, che con un semplice tocco ha avviato l'azione.
Successivamente il match è stato molto equilibrato: Real e City, due squadre diverse tra loro, hanno continuato a studiarsi ma non con la classica melina sterile. Se molti avevano etichettato la squadra spagnola come "catenacciara", adesso gli esponenti di questa tesi si stanno ricredendo. Un esempio lampante? La serie di passaggi nel secondo tempo, quando Benzema ha sfiorato il 2-0. Il Real si scrolla di dosso quell'etichetta di club soltanto cinico, con un allenatore come Ancelotti (a detta di molti "fortunato" l'anno scorso) che è riuscito con metodo e con un'intelligenza a far affiatare le tante individualità attraverso il gioco.
La cosa più bella? Che il Real l'ha fatto in maniera del tutto tranquilla e disinvolta senza mai andare in tilt e senza mai subire la pressione dell'avversario. Poco importa se i due attaccanti (Benzema ed Haaland) non hanno segnato, in compenso la scena se la sono presa Vini jr. e De Bruyne (anche lui con un gol da cineteca), con il City che - da squadra cauta e razionale - ha saputo colpire nel momento clou, ovvero quando i blancos stavano prendendo terreno. Cinismo e razionalità, gioco e un pizzico di killer instinct: ingredienti combinati che danno vita a un capitolo calcistico degno di un kolossal, di uno scontro fra titani.
Considerazioni finali
Sicuramente rispetto al "ribaltone" dell'anno scorso la partita, almeno dal punto di vista dei gol, non ne ha beneficiato, ma se dovessimo scegliere i due club più in antitesi tra loro e più rappresentativi di un calcio in continua evoluzione allora sceglieremmo proprio Real e City. I Blancos - come sottolineato in precedenza - sono gli unici a giocare una semifinale di Champions come se fosse un match "normale", dove non si ha nulla da perdere. I Citizens dal canto loro sono un gruppo unito da una filosofia, da un credo, dal DNA del loro tecnico. Una cosa è certa: questa edizione della Champions avrà in finale una squadra "elitaria" e allo stesso tempo molto temibile. Poco importa se una tra Milan e Inter staccherà il biglietto per l'ultimo incontro della competizione, Real e City hanno dato vita a una partita che difficilmente si rivedrà a stretto giro. Cosa abbiamo visto ieri al Bernabeu ci appare lontano da ogni prospettiva correlata al nostro calcio. Stasera saremo davanti alla tv vedendo l'Euroderby, ma ciò che hanno creato Ancelotti e Guardiola è quasi indescrivibile in termini calcistici. E il bello (col match di ritorno) deve ancora venire.