Cos'è e come funziona il Salary Cap?
Nel corso degli anni abbiamo più volte sentito politici del calcio italiano ed europeo o anche giornalisti proporre di introdurre nei campionati nazionali e tra le squadre partecipanti alla Champions League una regola, il Salary Cap. In cosa consiste, però, questo sistema? Proviamo a spiegarlo.
Cos'è?
Il Salary Cap è una regola che limita le possibilità di spesa di una società sportiva. Tradotto, infatti, significa tetto salariale o, se preferite, degli ingaggi e consiste nella cifra massima stagionale che può spendere una squadra complessivamente per gli ingaggi dei giocatori che compongono la sua rosa.
Come funziona?
Questa limitazione viene utilizzata da varie leghe sportive professionali. Il Salary Cap, infatti, è presente in Inghilterra per quanto riguarda il rugby, in Australia nelle federazioni di football, calcio e rugby e, soprattutto, negli Stati Uniti e Canada. Nel Nordamerica viene utilizzato da NFL (la maggiore lega di football), NHL (la lega dell'hockey), la NBA (del basket) e, infine, anche nella MLS (lega del calcio). Ognuna di queste, tuttavia, ha regole proprie. Di seguito proviamo a vedere qualche esempio.
Il Salary Cap in NBA
Il tetto salariale più famoso al mondo è quello della National Basketball Association, ovvero la NBA. La lega americana di Basket, infatti, fu tra le prime a istituire questo sistema già nel 1946. Tuttavia durò appena una stagione, salvo poi esser ripreso dal campionato del 1984/1985. In quella stagione venne fissato il limite massimo di spesa di 3,6 milioni di dollari per gli stipendi dei giocatori, mentre ora ammonta a ben 109 milioni. Il tetto massimo, infatti, varia ogni stagione in base ai profitti dell'intera lega durante la stagione precedente. Per il 2020/2021, a gennaio e, dunque, prima della pandemia, si stimava un limite di 115 milioni, da vedere se verrà confermato. Inoltre il Salary Cap è regolamentato anche attraverso un contratto collettivo tra la NBA, la lega, e l'associazione dei cestisti, la NBPA. Per quanto riguarda gli stipendi dei giocatori, infatti, vi è un minimo salariale, in base agli anni disputati dal free agent (lo svincolato) in NBA, e un massimo calcolato in percentuale sul tetto salariale. Tuttavia, c'è da ricordare, che il limite può essere sforato (come fatto da 28 franchigie su 30 nel 2020), ma, in compenso, si deve pagare una luxury tax di 132,6 milioni di dollari. Non per tutte, però. Quelle che sono arrivate a spendere al massimo la cifra della tassa di lusso (132,6 appunto) non la pagano.
Il Salary Cap in MLS
Passando al calcio, l'esempio di Salary Cap più noto è quello della Major League Soccer, il campionato Nordamericano. Qui il tetto è presente sia per quanto riguarda lo stipendio del singolo giocatore sia sul totale del monte ingaggi. Il primo ammonta a 3,8 milioni di dollari, mentre il secondo a 480,6 mila dollari a giocatore. Come fanno allora le squadre americane a permettersi giocatori come David Beckham, Thierry Henry, Kakà, Andrea Pirlo o Zlatan Ibrahimovic? Per permettere la crescita del campionato di calcio, in occasione dell'arrivo di David Beckham a Los Angeles, fu introdotta una speciale regola chiamata Designated Players. Ogni club, infatti, può indicare fino a un massimo di tre calciatori che possono avere uno stipendio maggiore del limite. Qualunque ingaggio percepisca il giocatore (che siano i 7 milioni di dollari di Ibra al LA Galaxy o i circa 4 di Henry al New York Red Bull) conterà per 457,5 mila dollari. Il Salary Cup inoltre non vale per i giovani (regola Generation Adidas Players) o per i prodotti del proprio vivaio (Homegrown Players).
Il Salary Cap in Italia
Oltre alla Cina che ha introdotto lo scorso gennaio il tetto massimo di stipendi, abbassando il livello della Chinese Super League, c'è un altro esempio di Salary Cap fuori dai confini americani. Ebbene, venne sperimentato proprio da noi, in Italia. Nella stagione 2013/2014, infatti, CONI e FIGC introdussero un tetto massimo per parte fissa e variabile degli stipendi dei calciatori della Serie B di quell'annata. Le squadre, infatti, non potevano superare quota 300 mila euro per gli ingaggi, di cui massimo 150 mila per la parte fissa e 75 mila per bonus come gol o presenze.
Perchè viene utilizzato?
Gli sport americani utilizzano questo sistema per due motivi. Da una parte, con il Salary Cap, evitano che le società spendano cifre esorbitanti senza controllo che portano al fallimento della squadra. Dall'altra è un modo per aumentare la competitività del campionato. Avendo tutte il medesimo tetto salariale, infatti, le squadre non possono rafforzarsi in modo squilibrato. Le più ricche non possono comprare top player, lasciando le briciole alle altre e aumentando il gap con esse. Le più povere, invece, come succede in NBA, hanno l'obbligo di spendere e, quindi, di creare una squadra forte. Si crea, così, un campionato livellato verso l'alto.
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