Con il nuovo Fair Play Finanziario non conviene investire sullo stadio?

Stadio San Siro
Stadio San Siro / Maria Moratti/GettyImages
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Con il Milan a Investcorp spunta l'ipotesi di uno stadio senza Inter. E l'idea è anche abbastanza ragionevole: investo in un nuovo impianto di proprietà e non devo dividerne i ricavi con altri club, ma soprattutto quello stesso stadio diventa un patrimonio del club, che così acquisisce valore. Certo, l'investimento per la sua costruzione è tutto nelle mani di un'unica proprietà, ma nel medio-lungo periodo potrebbero esserci molti più benefici. E fin qui possiamo essere più o meno d'accordo, ma tra dire e il fare c'è di mezzo il Fair Play Finanziario.

La UEFA ad inizio aprile, in pompa magna, ha annunciato l'inizio del Fair Play Finanziario 2.0. Ossia una serie di regole valide a livello europeo che hanno come obiettivo quello di non permettere di sperperare denaro ma soprattutto di azzerare i debiti. Proprio una piccola modifica rispetto al precedente Fair Play Finanziario, rischia di azzerare tutte le possibilità di vedere nuovi stadi in Italia (e teoricamente in Europa)?

Questa vuole essere una provocazione, o meglio, uno spunto di riflessione. Lasciando da parte le regole che vedono la UEFA fare un controllo trimestrale per captare eventuali debiti dei club, da saldare - eventualmente - entro il trimestre successivo, oppure la regola che impone i club a spendere al massimo il 70% di ciò che si ricava nell'anno solare (e per spese si intende tutto ciò che serve per costruire una rosa: costo cartellino, ingaggio, ammortamenti, commissioni), ciò che balza all'occhio è un'altra regola:

  • Si può sforare fino ad un massimo di 60 milioni in tre anni (prima erano 30 milioni) ma nella nuova cifra rientrano anche le spese per il settore giovanile e le spese virtuose

Per spese virtuose si intendono quel tipo di investimenti che un tempo veniva categoricamente escluso dal Fair Play Finanziario, compresa la costruzione di infrastrutture per giovanili e prima squadra. Ossia quelle spese necessarie per portare un incasso nel breve, medio o lungo termine.

Ora, considerando la situazione economica non certo ottimale del calcio italiano, dove pochi club potranno garantire di non aver sforato neanche un milione di euro nell'ultimo triennio, chi si assumerà la responsabilità di investire diverse centinaia di milioni di euro nella costruzione di un nuovo impianto per la prima squadra?

E se a causa di questo investimento la stessa società dovesse sforare di 60 milioni di euro nel triennio, cosa accadrebbe? Il club si ritroverebbe probabilmente con uno stadio nuovo, di proprietà (o meno), ma esclusa dalle competizioni UEFA per aver investito nel proprio futuro?

Prendiamo il caso dello stadio di Milano. Si parla di un investimento da 1 miliardo di euro (minimo) da dividere tra Inter e Milan. Converrebbe ai due club una spesa di questo genere con il rischio di non rispettare i parametri imposti dal Fair Play Finanziario?

Le due soluzioni per evitare ciò sono - ad oggi, almeno in Italia - abbastanza ingarbugliate. La prima è quella dell'investimento del Comune o della Regione, con i club che metterebbero una cifra minima per non rischiare di sforare il tetto imposto dal Fair Play Finanziario. La seconda? Beh... è ancora più complicata (forse): i due club dovrebbero abbassare drasticamente le spese per ritrovarsi un tesoretto importante per poter gestire sia le spese di gestione sia l'investimento, limitando lo sforamento o comunque rimanendo entro i 60 milioni (che poi comunque devono essere coperti in qualche modo).

Naturalmente lo stesso discorso vale per qualsiasi altro club che punta a partecipare alle competizioni europee.


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