Come prevenire gli infortuni nel calcio post Coronavirus?
Uno degli argomenti che sta più a cuore agli addetti ai lavori, ora che stiamo pian piano tornando alla normalità è quello degli infortuni. La lunga pausa non ha fatto bene ai calciatori, come si è potuto vedere per i calciatori infortunati in Bundesliga - la prima a ricominciare - e in Italia già con il via libera agli allenamenti individuali. E in vista della ripresa della Serie A del prossimo 20 giugno il nodo resta.
A spiegare come provare a prevenire il rischio di infortunio per i calciatori dopo la lunga sosta causa coronavirus è stato il professor Fabrizio Tencone, direttore di Isokinetic Torino ma soprattutto specialista di Medicina Sportiva, con un passato da responsabile del settore medico juventino.
"I rischi principali, naturalmente, sono gli infortuni sportivi. E nello specifico le lesioni muscolari. Basti dire che, considerando una stagione normale, nella top-5 degli infortuni calcistici ne figurano statisticamente quattro di tipologia muscolare (coscia anteriore e posteriore, polpaccio e adduttore). E poi c’è la distorsione della caviglia, che fa capolino - ha spiegato Tencone a Tuttosport -. Giocando a ritmi ancora più serrati, in un finale di stagione eccezionale come quello che si prospetta, evidentemente l’incidenza di questo tipo di infortunio può aumentare ulteriormente."
"C’è un recente lavoro scientifico pubblicato dal gruppo della Uefa che lo dimostra in maniera chiara: l’analisi di circa 130mila partite giocate dagli stessi giocatori scesi in campo negli ultimi 10 anni ha evidenziato che quando tra una partita e l’altra intercorrono tre o meno di tre giorni di riposo (ad esempio un match di domenica e uno di giovedì) il rischio di infortuni muscolari aumenta almeno del 20 per cento. Quanto agli altri infortuni, come quelle articolari, è tutto da vedere. Ma teniamo presente una cosa: l’incidenza, la frequenza degli infortuni si calcola per ore di calcio giocato, in allenamento o in partita. E’ chiaro che più accumuli ore in un tempo ridotto, più ti esponi al rischio. Il termine tecnico è proprio questo: ore di esposizione al rischio".
"Contromisure? La prima contromisura è far girare la squadra, usare il turnover: fare in modo che gli atleti giochino con una frequenza quasi normale. Anche perché se l’allenatore non farà turnover per scelta, lo dovrà poi fare a causa degli infortuni - è il monito del prof. Petrone -. Magari anche non gravi, per carità: un affaticamento, un crampo, una contrattura. Ma meglio tenerli fuori prima, no? Inoltre saranno fondamentali l’alimentazione e lo stile di vita. E sarà decisiva la prevenzione da fare a fine allenamento, durante il cosiddetto “cool down”: borsa del ghiaccio, crioterapia. Fa parte della strategia di recupero. Molti dedicano già molto tempo, per abitudine, a questo aspetto: ma ora servirà ancora di più. E poi le basi: dormire bene, alimentarsi e bere bene, monitorare la fatica".
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