Chiellini a Sky: "Vi racconto la mia Juve. Taglio stipendi? Volevamo dare l'esempio. Futuro? Da dirigente"
Giornata importante dal punto di vista mediatico per Giorgio Chiellini. Il difensore della Juventus ha presentato la sua autobiografia, in uscita dal 12 maggio, e ha parlato a Sky Sport della sua carriera, ripercorrendo le tappe della sua esperienza sul campo tra Juve, Nazionale e non solo. Ecco le sue dichiarazioni.
La pausa forzata?
"Sono stati due mesi difficili e strani per tutti. Ho vissuto il primo mese chiuso nel centro sportivo in quarantena, che non potevo uscire, poi sono riuscito a passare un mese con la mia famiglia. Non penso avrò ancora così tanto tempo da passare con la mia famiglia, cose belle, anche se guardando a quello che è successo fuori... Riscopri dei valori che la vita prima dell'emergenza ti ha fatto dimenticare".
Chi sono?
"Un calciatore della Juve e della Nazionale che in carriera si è tolto tante soddisfazioni. Anche quando guardo le foto di quando ero giovane con p'iù capelli, sono comunque orgoglioso. Con il libro ho voluto parlare di me a 360 gradi, per parlare di me anche al di fuori di quello che si vede nelle interviste. Il libro era partito in estate, per essere pronti a Natale. Con l'infortunio, abbiamo deciso di aspettare, poi, ritornato da quello, è successo quello che è successo. Bisogna sempre adattarsi, il libro parla anche di questo".
Cosa vorrei fare dopo il ritiro?
"Mi piacerebbe un percorso dirigenziale, ma non so dove può portarmi. Devo capire se ne sono capace, quali sono i miei pregi e difetti. Mi vedo in quel ramo, più che l'allenatore. Il calcio è la mia passione, la mia vita, sarà difficile staccarsi, ora provo a godermi gli ultimi anni, uno o due che siano. Ho ancora qualcosa da dare".
La mia crescita?
"Per fortuna sono migliorato palla al piede. La prima volta che mi ha visto Capello (in studio, ndr), ero un giocatore molto fisico che giocava in fascia, ma sprecava tanto. Tutto questo sprecare mi faceva perdere energie in fase difensiva. Con il passare degli anni, ho imparato a gestirle, ma il vero lavoro è di testa, poi la tecnica si migliora anche in età avanzata. Non sarò Bonucci, ma sono migliorato tanto nella lettura delle azioni".
Il primo anno alla Juve?
"Capello non ti regalava niente. Io ero arrivato dopo Firenze, dopo due mesi non avevo ancora giocato. Ma poi mi diede fiducia, in tante partite e anche decisive contro l'Inter o la Roma. Io le ho fatte tutte ed è stato un onore. Lui non se lo ricorderà, ma in una delle prime amichevoli della stagione, io ne venivo da una stagione a Firenze con tanti errori, Capello mi chiede: 'Ma in che ruolo giochi tu?', io ho risposto 'Terzino? Esterno difensivo?'. 'No! Tu sei difensore e la prima cosa che deve fare un difensore è difendere'".
La BBC?
"Insieme riuscivamo ad essere più forti della somma dei nostri valori. Si era creato un legame di simpatia e affetto, garantito anche da quel fenomeno che ti sta dietro, come Gianluigi Buffon".
Il viaggio in Canada? (Su domanda video di Bonucci, ndr)
"Eravamo a Toronto e dovevamo spostarci verso Chicago - riporta ilbianconero.com - Il navigatore dava cinque ore, perché farla in aereo? Facciamola in macchina. Ci abbiamo messo dieci ore, abbiamo preso tutti gli incidenti possibili. Siamo arrivati la sera in albergo con i bambini ed eravamo distrutti: bella scelta del cavolo".
Barzagli?
"Avrò riletto il libro sette volte, qualche errore ci sarà. Barzaglione, tra i quattro, era il più musone, ma con il suo humor ci faceva sempre ridere. Quando apriva bocca, tutti lo ascoltavano, è una persona stimata, un professionista. A livello europeo è stato sottovalutato, è arrivato al top in tarda età, ma anche se ha raggiunto la maturità più tardi, è stato formidabile".
L'accordo sul taglio degli stipendi?
"Ci siamo messi d'accordo come persone intelligenti. Mi hanno dato meriti in più, come capitano ho fatto il mio. Sono contento che i compagni si siano accorti del momento della società e sono venuti incontro. Volevamo dettare una linea nostra, non sottostare ad altre imposte".
L'infortunio?
"Fino al 16 febbraio avevo la media gol migliore della Serie A (ride, ndr). Per me è stato un colpo, ma anche per il mister e per la Juve. Qualche infortunio al polpaccio ce l'ho avuto, ma mai più di un paio di mesi, spesso solo tre-quattro settimane. Mi ricordo ancora il mister quando è successo: 'Dai dai Giorgio, non è niente, rialzati'. Avevamo la partita con il Napoli... Sono contento di averlo avuto a 35 anni e non a 25, mi ha permesso di lavorare su tante altre cose, anche questo stop forzato mi permette di rientrare in un momento importante per la squadra e a nove mesi dall'infortunio. Anche con l'Europeo nel 2021, egoisticamente, sono più tranquillo, perché sarà passato più di un anno".
Mancini in Nazionale?
"Mi ha sorpreso la rapidità con cui ha capito i problemi e ci ha dato la spinta per ripartire. Non pensavo fosse così, non è di grandi parole, ma non tutti lo sono, eppure è efficace".
Sarri alla Juve?
"Non è stato facile stravolgere la squadra. Anche per colpa del mio infortunio e dei problemi al ginocchio di Cristiano. Abbiamo avuto alti e bassi, per fortuna per l'ultima partita. Lasciare con una vittoria contro l'Inter anziché con la sconfitta contro il Lione è diverso. Le due sfide con i nerazzurri il nostro momento più alto".
La ripresa?
"Ero a casa quando mi hanno avvisato, non me lo aspettavo. Sono onesto, ero felice a casa, mi è dispiaciuto dire a mia figlia che sarei andato via. Prendo la macchina e le mie cose, ma non avevo dentro qualcosa che ti stimola a tornare. Quando poi sono uscito dall'autostrada, in zona stadio, ho provato un brivido dentro. A livello emotivo qualcosa scatta, a livello fisico non lo so. Nemmeno d'estate si sta chiusi in casa per due mesi. I rischi saranno altissimi, ma è sempre il compromesso che devi trovare. Tutti vorremmo giocare senza problemi, senza rischi e in sicurezza".
Il gol a Buffon quando giocavo con la Fiorentina?
"Gli ho fatto tanti gol in partitella, non è stato l'unico quello che ho segnato quando ero alla Fiorentina. Ho esultato, sì, ma poi sono diventato juventino, come me se ne contano sulle dita di una mano. Gigi per me è un fratello maggiore. Ha una capacità innata di trasmettere emozioni. Questa caparbietà, da giovane, ce l'ho sempre avuta. Io volevo guadagnarmi il rispetto dei campioni, visto che erano così tanti e io ero il più scarso di quella squadra. Ogni partitellina per me era un banco di prova importante, volevo sfidare i migliori per migliorarmi".
Il gruppo?
"Alla fine ho sempre detto che ogni squadra ha tanti capitani, ogni punto di riferimento dà il suo contributo. Siamo in 25, di età diverse e nazionalità differenti, ma poi ne scendono in campo solo 11. Bisogna fare gruppo. Quando eravamo più italiani era più facile capire e intuire l'umore dei compagni, oggi hai magari un brasiliano di 23 anni che viene da tutt'altra parte del mondo. Sembra facile, ma è molto difficile".
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