Certezze mancate: cos'è andato storto (o non come previsto) nelle big di Serie A
La pausa per le nazionali: quel periodo che tutti i tifosi vorrebbero non arrivasse mai, ma che cade puntualmente in un momento topico. Se la sosta di settembre arriva quando abbiamo avuto un piccolo assaggio di calcio di club, quella di marzo sembra ancora più fastidiosa perché cade in quello che in narrativa viene definito "spannung", ossia nel punto di massima tensione di una storia, che in questo caso è il campionato.
Interrompere la Serie A a 11 partite dal termine è crudele, è un accanimento contro chi non vede l'ora che sia domenica. È come quando al cinema arriva l'intervallo proprio quando il film ha iniziato a prenderti e vuoi solo sapere come va a finire. Eppure, si può trovare del buono anche in una delle cose più diaboliche esistenti nell'universo.
Calcisticamente parlando, il mese di marzo rappresenta un ponte tra la stagione ancora in corso e quella successiva. Serve a tirare le somme su quanto si è fatto, a evidenziarne gli errori per poi non commetterli in futuro. Quest'anno il campionato è stato dominato dal Napoli che - e qui perfino la città più scaramantica del globo terraqueo si è sbilanciata - viaggia a vele spiegate verso uno degli Scudetti più meritati della storia recente. Premesso che, con tutta probabilità, la squadra di Spalletti avrebbe vinto comunque anche con avversari più preparati, questi sono stati gli imprevisti con i quali hanno dovuto fare i conti le altre pretendenti per il titolo.
Milan
Partiamo dalla squadra sulla quale a inizio stagione c'erano le aspettative più alte. Con il Tricolore appena cucito sul petto, il Milan avrebbe dovuto e potuto sicuramente fare di più per difendere il titolo, ma non ha fatto che confermare il paradigma secondo cui arrivare primi è difficile, ma la vera impresa sta nel restare tra i primi.
Nel 2022/23 i rossoneri erano partiti bene ma il loro rendimento post-Mondiale non solo li ha estromessi dalla corsa per il primo posto, ma ne ha messo addirittura in discussione la partecipazione alla prossima Champions League.
Il calo di inizio anno, che, dopo una breve ripresa, sembra tutt'ora protrarsi, ha diverse motivazioni, tutte concatenate tra loro: prima di tutto, Stefano Pioli si è accorto troppo tardi che gli avversari avevano ormai preso le contromisure al suo 4-2-3-1 e, sebbene abbia avuto l'umiltà di ammettere l'errore e il coraggio di cambiare, l'imprevedibilità è un ideale che a Milanello stanno ancora cercando di inseguire.
C'è poi il capitolo relativo al mercato, che non si può liquidare con un semplice "Maldini e Massara hanno sbagliato tutto". Certo, hanno commesso degli errori: non si può infatti pensare di rinforzare il reparto offensivo dei campioni d'Italia in carica con un attaccante che in 100 partite con il Liverpool ha fatto a malapena 10 gol, quindi l'operazione di Origi è da etichettare come fallimentare. Inoltre, i problemi di ambientamento di De Ketelaere sono evidenti, ma l'acquisto del giocatore in sé è tutt'altro che sbagliato. È però la gestione dei nuovi arrivi che lascia perplessi. Ci si può chiedere, ad esempio, come mai Adli, appurata la sua immaturità per un campionato ostico come quello italiano, non sia stato prestato nel mercato di gennaio; oppure perché Vranckx non abbia trovato continuità dopo le belle prestazioni offerte a novembre.
A completare il cerchio dell'annata deludente - almeno in campionato - del Milan c'è il calo evidente di Rafael Leao. Vuoi la stanchezza post-Mondiale, vuoi un modulo che non ne mette più in risalto le qualità, vuoi infine una trattativa di rinnovo che magari lo sta distraendo, fatto sta che il portoghese è la copia sbiadita dell'MVP della scorsa Serie A.
Juventus
Il ragionamento si fa perfino più complesso quando parliamo della Juventus. I bianconeri sono al settimo posto con la zona Champions che dista 7 punti; tuttavia, se togliamo il Napoli, sarebbero quelli con il rendimento più continuo della stagione. La penalizzazione pesa come un macigno sulla classifica della squadra di Allegri, che però non ha potere sulle decisioni di giudici e magistrati ma può solo limitarsi a gestire i propri problemi interni.
Uno su tutti è quello legato ai tanti, troppi infortuni. A conti fatti, la Vecchia Signora non ha mai potuto contare su tutti i suoi giocatori, c'è sempre stato qualcuno costretto a presenziare in un'infermeria dalle porte girevoli. Adesso Milik è in procinto di uscirne, ma a rientrare è di nuovo Bonucci. Di Maria c'è stato diverse volte, Pogba sembra averci preso la residenza, mentre Chiesa è esattamente al centro dell'uscio, con una parte del corpo dentro e una fuori.
L'imprevisto più recente in casa bianconera riguarda invece l'astinenza di Dusan Vlahovic dal gol. Il serbo non segna infatti dalla 21ª giornata e nelle ultime uscite prima della sosta è sembrato decisamente nervoso. Probabilmente però quello dell'ex Fiorentina è un non-problema che si risolverà da solo con il passare del tempo visto che, con un pizzico di fortuna in più, quel rigore contro la Samp sarebbe finito in rete e adesso non ne staremmo parlando già più.
L'unica certezza per la Juventus è quell'Allegri aspramente criticato dopo aver mancato la qualificazione agli ottavi in un girone di Champions più che abbordabile, quell'Allegri di cui i tifosi chiedevano lo scalpo dopo la sconfitta con il Monza o il pareggio a reti bianche di Marassi. Il tecnico livornese ha dimostrato ancora una volta una capacità di adattamento e un problem solving che solo due categorie di lavoratori possiedono: gli stagisti sottopagati e i grandi allenatori.
Inter
Se chiedessimo a un tifoso dell'Inter qual è il più grande problema della loro squadra, la risposta sarebbe quasi univoca: Simone Inzaghi. Anche stavolta, però, la situazione è più complessa di così. A differenza di Pioli, Inzaghi ha mostrato una scarsa duttilità tattica nel corso del campionato e non ha mai provato a recuperare un risultato negativo inserendo, ad esempio, un attaccante in più o comunque alterando il suo dogmatico 3-5-2. A risultare fastidiosa è anche la legge non scritta secondo la quale un difensore ammonito nel primo tempo debba essere necessariamente sostituito nell'intervallo per non rischiare di non lasciare la squadra in 10 nella ripresa. Una scelta legittima, ma se siedi sulla panchina di un club che mira allo Scudetto è richiesto un "pizzico" di coraggio in più.
Bisogna però dare a Cesare quel che è di Cesare e riconoscere a Inzaghi i meriti per aver vinto la Supercoppa, per essere ancora in corsa in Coppa Italia e, soprattutto, per aver riportato i nerazzurri ai quarti di finale di Champions League dopo aver passato un girone in cui tutti li davano per spacciati. Evidentemente parliamo di un allenatore da competizione breve che deve ancora imparare a comportarsi in un campionato con 38 giornate.
A destabilizzare l'annata interista è stato anche il calo di quelli che nei piani della società sarebbero dovuti essere dei giocatori fondamentali all'interno della rosa. Lo stesso Simone Inzaghi ha ammesso di essersi esposto in prima persona con la dirigenza affinché, piuttosto che ingaggiare Dybala, optasse per il ritorno di Romelu Lukaku. Il nome dell'attaccante belga ha fatto riaffiorare dolci ricordi nelle menti dei tifosi ma il suo apporto in termini realizzativi è stato fin qui scarso (solo 3 gol in campionato) e la bromance con Lautaro, almeno sul campo, sembra essersi raffreddata. Adesso Big Rom sta trovando una discreta condizione fisica e in una stagione ancora fitta di impegni per i nerazzurri le sue reti potrebbero fare la differenza.
Per certi versi, infine, quello di Brozovic non è un problema reale. O meglio, non lo è se facciamo esclusivamente un discorso di calcio giocato, visto che Calhanoglu ha raccolto alla perfezione le redini del centrocampo lasciate libere dall'infortunio del croato (e qui va riconosciuto un altro grande merito a Inzaghi). Diverso è invece il ragionamento in termini economico-finanziari, con l'ingaggio di Epic Brozo che pesa e non poco sulle esigue casse del club, ma questa grana verrà facilmente risolta con l'imminente cessione in estate.
Roma
Dopo aver vinto la prima edizione di sempre della Conference League e aver riportato un trofeo che alla Roma mancava da 12 anni, José Mourinho aveva il compito di alzare ulteriormente l'asticella e per permetterglielo la società ha accontentato le sue richieste di mercato prendendogli giocatori con un pedigree perfino esagerato per l'Europa League. L'esperienza e il talento di Matic, Wijnaldum e Dybala, insieme ai vari Abraham, Pellegrini e Zaniolo, avrebbero dovuto contribuire a una stagione indimenticabile per i giallorossi.
Le cose però non sono andate tutte come previsto e nel corso dell'anno la Roma ha dovuto fare i conti con diversi ostacoli. Il primo è rappresentato proprio da Zaniolo che, sentendosi chiuso da Dybala sia dal punto di vista tecnico sia in termini di centralità nel progetto, a gennaio ha chiesto la cessione. La situazione è arrivata a un punto di rottura talmente insanabile che Tiago Pinto è stato costretto a svenderlo a mercato chiuso al Galatasaray non avendo nemmeno modo di sostituirlo.
I problemi ancora attuali in casa giallorossa riguardano invece Pellegrini e Abraham, le cui prestazioni deludenti stanno lasciando perplessi i tifosi. Non è infatti possibile che giocatori dalle indubbie qualità possano crollare così repentinamente da una stagione all'altra. Entrambi - ma questo è un mio personalissimo parere - stanno patendo per la maggior competitività nei loro ruoli: il capitano giallorosso ha perso la leadership tecnica, raccolta ormai da Dybala (che non a caso è diventato anche il rigorista della squadra), mentre l'inglese, titolare incontrastato dello scorso anno, non riesce a reggere la staffetta con Belotti (e a quanto pare la cosa dev'essere reciproca).
Chi alla vigilia credeva che la Roma avrebbe potuto lottare per lo Scudetto è rimasto ampiamente deluso. Tuttavia, al netto dell'eliminazione dalla Coppa Italia (unico e vero passo falso della stagione) la squadra di Mourinho può ancora chiudere tra le prime quattro in campionato e giocarsela in un tabellone dell'Europa League - almeno sulla carta - alla portata. Le somme in questo caso si devono fare alla fine.
Lazio
È invece una stagione anomala quella della Lazio, unica italiana fin qui eliminata dalle competizioni europee ma capace di un sorprendente rendimento in campionato. Per i biancocelesti la sosta arriva forse nel momento meno opportuno visto che nelle gare successive avrebbero potuto cavalcare l'entusiasmo per la vittoria nel derby e il secondo posto in classifica. Maurizio Sarri dovrà dunque essere bravo a mantenere i suoi sul pezzo e concentrati in vista del finale di stagione.
Non sarà ovviamente semplice visto che la lotta per la Champions è la più combattuta degli ultimi anni e ad oggi è impossibile fare pronostici sulle tre squadre che chiuderanno alle spalle del Napoli. Bisogna poi considerare che tra le pretendenti la Lazio è forse quella con la rosa meno profonda. Basti pensare che Sarri non ha a disposizione un centravanti da schierare al posto di Immobile. L'attaccante della Nazionale ha spesso stretto i denti scendendo in campo nonostante una forma fisica non ottimale pur di non lasciare i suoi orfani di un terminale offensivo, ma così facendo non ha fatto che aumentare il numero di problemi muscolari e sul lungo periodo le sue assenze potrebbero farsi sentire.
Altra nota dolente per gli aquilotti riguarda Milinkovic-Savic che non è ancora tornato sui suoi livelli dopo aver partecipato al primo Mondiale della sua carriera. Al calo di SMS fa però da contraltare il reintegro di Luis Alberto, con il Mago che ha finalmente trovato un compromesso tecnico con Sarri.