Cairo sulla Superlega: "Fallimento normale, mai creduto il contrario"

Urbano Cairo, presidente del Torino
Urbano Cairo, presidente del Torino / Valerio Pennicino/Getty Images
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Il presidente del Torino Urbano Cairo ha "concesso" un'intervista al Corriere della Sera (giornale che fa parte del suo gruppo editoriale, ndr), in cui ha commentato la nascita - e la fine - della Superlega, un progetto nato poco più di 48 ore fa e già naufragato dopo l'addio delle squadre inglesi e l'effetto domino che, al momento, ha lasciato nella "competizione" solo Real Madrid e Barcellona. La Superlega, sintetizzando la lunga intervista di Cairo, è stato "un attentato al calcio italiano".

Il suo stato d’animo qual è?
«Di indignazione».

Perché?
«Partiamo dal calcio italiano, questa Superlega è un attentato alla sua salute, all’interesse collettivo. Tre società, Juve, Inter e Milan, hanno pensato esclusivamente alla loro salute economica, ai loro interessi. Non si preoccupano minimamente degli altri club, delle loro esigenze, dei loro problemi. Attenzione, società che pagano regolarmente gli stipendi, che faticano, lavorano, programmano con coscienza l’attività. E non mi pare proprio che in quel gruppo di 12 club, destinati a diventare magari 15, che promuovono la Superlega si rispettino certe regole virtuose, di sana gestione finanziaria, anzi tutt’altro».

Una Superlega forte di una base finanziaria di partenza da 3,5 miliardi. È questa l’attrazione fatale.
«Proprio così, con questo fondo iniziale si intende superare il momento di difficoltà economica che stanno vivendo tutti, chi più chi meno, disinteressandosi però totalmente del bene comune, delle sofferenze altrui. Non c’è alcun senso di responsabilità, bensì una mancanza totale di rispetto, nonostante si faccia parte per esempio di una Lega di serie A che ha cercato di affrontare il momento reso ancora più delicato dalla tremenda pandemia».

Andrea Agnelli
Andrea Agnelli / Emilio Andreoli/Getty Images

Perché ha urlato al «tradimento»? Soprattutto nei confronti di Andrea Agnelli, presidente della Juve, leader della Superlega.
«Il progetto che prevedeva l’ingresso in Lega di serie A dei fondi in una media company aveva una base di 1,7-1,8 miliardi, soldi utili al bene comune, anche a superare le gravi difficoltà, un finanziamento importante per il rilancio della stessa serie A, che in questi anni ha perso competitività nei confronti di altre leghe europee. Agnelli faceva parte del comitato interno delegato a trattare con i fondi, aveva un ruolo importante, di primus inter pares. Il tutto necessitava di un cambio della governance stessa della Lega. Era in atto un’operazione laboriosa. Il comitato dei 5, che attenzione nasce il 13 ottobre 2020, aveva ricevuto la delega di tutte le altre società. Improvvisamente il cambio di scena, nonostante il voto assembleare che aveva sostenuto l’operazione dei fondi: Agnelli e la proprietà dell’Inter prendono le distanze dai fondi. Adesso si capisce il perché».

Il perché è l‘interesse supremo di Juve, Inter e Milan per la Superlega.
«Si viene a sapere di trattative tra questi 12 club europei, quasi tutti indebitati, di incontri segreti tra Agnelli e Perez. Questa è malafede, concorrenza sleale. Hai una delega della serie A e intanto tratti su un altro fronte, per superare i tuoi gravi problemi economici, i tuoi bilanci in sofferenza, danneggiando le società che ti hanno dato un mandato ben preciso».

Presidente Cairo, ha attaccato anche Marotta.
«È consigliere federale, con la delega della serie A: si deve dimettere. Agnelli ha lasciato l’Eca. Mi aspetto da Marotta un atto analogo per la Figc. Così anche Scaroni, presidente del Milan, coerente però sul versante fondi, perché ha continuato ad appoggiarli, deve dimettersi da consigliere di Lega. Stimo Scaroni, ma occorre un passo indietro».

Si aspettava un dissenso così unanime dai tifosi, dalle istituzioni sportive internazionali, Uefa, Fifa, Eca, in tutta Europa, rispetto alla Superlega?
«Sono sincero: sì. Già due anni fa, nella fase embrionale di questo progetto, i tifosi avevano manifestato la loro opposizione».

Perché? Dovrebbero essere attratti dalle grandi sfide.
«Non è così. Questa è una competizione che stravolge l’idea di calcio, di sport, non riconosce la passione. Il calcio regala emozioni, va vissuto seguendo questo spirito. Il calcio è partecipazione. Ribadisco: lo vedo, lo sento, lo percepisco dai messaggi della gente che critica la nascita di questa Superlega».

Dure anche le prese di posizione da parte della politica. Sono scesi in campo premier come Draghi, Johnson, Macron che hanno espresso giudizi negativi.
«Mi stupisco che i presidenti, le proprietà di queste 12 società che vogliono dare vita alla Superlega non abbiano interpretato il fastidio che genera una operazione simile, nata e immaginata sulla spinta di motivazioni biecamente finanziarie».

Una manovra per superare in bellezza, senza dare spazio ai valori dello sport, i problemi economici delle loro società.
«Momenti critici che vivono tutti, soprattutto in questa fase pandemica. Guardi, nella mia vita imprenditoriale ho acquistato aziende in sofferenza, ma non ho mai fatto operazioni spregiudicate ai danni di altri gruppi e concorrenti. Abbiamo pensato a ridurre i costi, a cercare altre fonti di ricavo, sempre badando alla correttezza, ripianando i debiti e oltretutto pagando sempre gli stipendi. Così nel calcio, dove è inutile negare le difficoltà che sono generali. Leggo di plusvalenze fantasiose di centinaia di milioni, rimandando al futuro i problemi».

L’Uefa è stata durissima con le società della Superlega. Ceferin implacabile con Agnelli. La Federcalcio di Gravina altrettanto minacciosa con Juve, Inter e Milan. Ma ora come si deve procedere?
«Ci vogliono sanzioni esemplari. Ciò che hanno fatto è molto grave. Stanno minando la vita delle Leghe, compresa quella italiana».

Nelle ultime ore segnali di sgretolamento del castello (di sabbia) chiamato Super League: cinque squadre inglesi hanno già abbandonato.
«Mi sembra abbiano fatto la cosa giusta, non ho mai creduto che un progetto simile potesse andare avanti».


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