Andrés Iniesta: la lesione, il ritiro, il Mondiale e il confronto con Pedri
38 anni, cinque stagioni in Giappone, e ancora la volontà di essere un calciatore professionista, almeno fino a gennaio 2024, quando scadrà il suo contratto con il Vissel Kobe. Andrés Iniesta si è raccontato in un documentario disponibile gratis su Rakuten Tv, ha raccontato il suo infortunio, i dubbi sul futuro, le difficoltà e la paura di non avere il controllo sul proprio fisico, sul proprio ritiro.
Marca lo ha intervistato per commentare il documentario e, tra ricordi del passato e opinioni riguardo al presente, Don Andrés ha affrontato altri temi: dal Mondiale di Spagna e Luis Enrique all'emozione del gol in Finale del 2010, arrivando alle favorite per la Champions League e la Liga, al momento del Barça e al paragone con Pedri.
L'abbiamo visto con Totti a Roma, continuiamo a vederlo con Zlatan Ibrahimovic a Milano. Ritirarsi non è semplice se si è stati per diverse decadi tra i migliori interpreti del gioco, dominando lo spazio e il tempo all'interno del campo, riuscendo a incidere anche con una condizione fisica meno brillante degli altri.
"Uno dei principali motivi per operarmi e provare a continuare era la volontà di sentirmi ancora un calciatore. Divertirmi con il calcio. Operarmi era la garanzia migliore. Dopo il mese, o mese e mezzo, in cui ho giocato poco e poi sempre più; ho concluso l'anno benissimo a livelli di sensazioni e forma fisica. Oggi ti dico che giocherò ancora un po', non so quanto però qualche tempo in più".
Sulle difficoltà post-infortunio e su cosa lo spaventasse di più tra la gravità dello stesso e il fatto che potesse significare un ritiro forzato.
"Era un connubio delle due. Mentalmente operarmi mi metteva molta paura. Non volevo farlo per questo. Dopo, incoscientemente, il fatto che questa lesione potesse significare la fine della mia carriera non mi piaceva per niente. Mi piacerebbe lasciare il calcio quando e come voglio. So che molte volte non va così e dipende dalle circostanze, però nei limiti del possibile mi piacerebbe scegliere la fine".
Poi, nella sezione ricordi, tra i più indelebili c'è ovviamente il gol nei supplementari della Finale di Coppa del Mondo 2010 contro l'Olanda. Un destro incrociato che valse l'unico Mondiale della Spagna, a metà di un ciclo dorato.
"Mi continuo a emozionare e mi viene la pelle d'oca. È qualcosa che, passano gli anni e continuerà a emozionarci. Credo realmente che non ci sia una parola esatta per definire il momento che ho vissuto quando ho segnato quel gol. Non esiste. È un altro stato emotivo che credo sia irripetivble al giorno d'oggi".
Sulla qualità della Spagna di oggi, una selezione molto giovane che, secondo Iniesta non è tra le favorite, ma tra quelle da "tenere d'occhio".
"Ho molta fiducia in questa Nazionale, nel selezionatore e nel gruppo dei giocatori. Credo che se hanno questa fiducia nel gioco e la capacità per resistere nei momenti difficili che incontreranno, lo possono vincere. Ho molta fiducia in questo gruppo".
Luis Enrique, con cui Andrés Iniesta ha stretto un legame giocatore-allenatore a Barcellona. è sempre più leader della Spagna, come selezionatore e anche showman. Recente la sua scelta di bypassare la stampa creando un legame diretto con i tifosi della Nazionale e aprendo un canale su twitch e una pagina dedicata su instagram con cui aggiornare quotidianamente i follower.
"Sempre è stato e sarà così. Non si tratta di qualcosa di negativo o positivo, ognuno ha la sua forma di trasmettere ed esprimersi. Da sempre si mette davanti al gruppo, l'allenatore deve sempre essere il leader di ogni squadra. Mi incanta la sua forma di gestire le squadre e quello che riesce a tirare fuori da ogni giocatore. Questa alla fine è la cosa più importante".
L'allenatore davanti al gruppo, più protezione che per protagonismo. E sul gruppo, di cui fanno parte i suoi ex compagni Sergio Busquets o Jordi Alba, un pensiero particolare.
"Sarebbe uguale se vincessimo il Mondiale. Però insomma, se lo segnasse Busi o Jordi, sarei molto contente perché sono due compagni con cui mi trovo molto bene, quelli a cui voglio più bene e sarei contento il triplo".
Poi c'è Pedri, per cui il confronto con Don Andrés Iniesta è praticamente quotidiano. La pressione di essere un centrocampista giovane, spagnolo e forte con caratteristiche simili; la scelta della numero 8 e la benedizione del campione blaugrana.
"Non mi da fastidio la comparazione in assoluto. Con lui ho parlato qualche volta sul tema e credo che che sia un bene che non senta quella pressione. È un ragazzo che gioca su un campo di calcio, qualunque esso sia, si diverte e lo fa bene. I confronti, gli elogi o le critiche vengono da fuori. Ha un grande futuro davanti a sè, può migliorare. Sarà un punto di riferimento sia nel Barça che nella Nazionale. Già lo è alla sua età e il suo margine di miglioramento è ancora tremendo".