Abbattista tuona contro la classe arbitrale e fa chiarezza sulle dimissioni

L'ex direttore di gara Abbattista spiega le motivazioni che l'hanno spinto a presentare le dimissioni.
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The logo of AIA / Nicolò Campo/GettyImages
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Dopo la girandola di commenti e polemiche attivata dal servizio condotto da Filippo Roma nel programma Le Iene, adesso torna a parlare un direttore di gara: Eugenio Abbattista. L'ex arbitro spiega come la sua carriera sia stata bruscamente interrotta oltre a fare chiarezza sulle dimissioni (e su quanto accaduto in seguito).

"Ero schifato da tutto quello che vedevo attorno. Impossibilità di parlare, esprimermi e l’autorizzazioni negatemi"

Il documento falso: "Dopo il primo servizio che mi riguardava, ho chiesto di poter parlare, ma non sono stato autorizzato. Sarebbe stato scomodo farlo. Il documento che il massimo organismo degli arbitri ha prodotto che ha permesso a me e ad altri arbitri di restare in organico era evidentemente falso. Io dovevo andare a casa, dovevo smettere di arbitrare. Il documento attesta il mantenimento nell’organico del sottoscritto, di Calvarese e Giacomelli, quando in realtà la relazione che era stata presentata dai valutatori diceva che noi tre dovevamo restare a casa”, riporta Calciomercato.com

Eugenio Abbattista
Eugenio Abbattista / Giuseppe Bellini/GettyImages

Sulla carriera interrotta e sui ricorsi dei colleghi: Morganti mi chiamò e mi disse che a fine anno avrei smesso di arbitrare per massima permanenza nel ruolo. Davo per scontato che sarei stato dismesso. Ho anche mollato dal punto di vista degli allenamenti, poi quando ho scoperto che avrei continuato sono stato contento perché sarei rimasto in campo. Poi quando ci sono stati i ricorsi dei colleghi dismessi ho capito che c’era qualcosa che non andava”.

Sulle dimissioni:Ho richiesto due volte volontariamente di essere ascoltato dalla procura per fare chiarezza, ho confermato ciò che mi aveva detto Morganti, mi hanno chiesto se fossi sicuro ed anche il valutatore Morganti ha dichiarato che per me non era stata richiesta alcuna deroga. Nel momento in cui delle persone sono sedute ad un tavolo e sono testimoni di un atto che poi si è verificato falso e non denunciano, di fatto sono complici. Quell’atto ha portato alla condanna di innocenti e a lasciare impuniti dei colpevoli. In questo caso le dimissioni sono quanto meno dovute, anche per un fatto di dignità personale”.