Cosa è, come funziona e come si esercita la clausola di rescissione nel calcio?
Di Marco Deiana
Dal 1985 è obbligatoria in Spagna, anche se viene sempre più utilizzata nel resto d'Europa. Italia compresa. La clausola rescissoria è un'opzione che, se inserita nel contratto, permette al calciatore di potersi liberare da un club attraverso il pagamento di una cifra prestabilita al momento della firma. Questa opzione è facoltativa in Serie A ma per tutelare sia il calciatore che il club viene inserita sempre più spesso. La cifra concordata non è sempre (anzi, quasi mai lo è) uguale al valore di mercato del calciatore.
Che poi a dirla tutta, il termine clausola di rescissione non è correttissimo. Dal punto di vista giuridico la rescissione di un contratto prevede infatti un'anomalia nel contratto o il mancato rispetto di determinati obblighi contrattuali. Ormai però questo linguaggio è di uso comune nel mondo del giornalismo sportivo. Sarebbe più corretto chiamarla "clausola di recesso" o "diritto di recesso" o semplicemente "penale in caso di recesso". Insomma, dal punto di vista giuridico bisognerebbe eliminare la parola "rescissione".
Una clausola nata in Spagna
La clausola rescissoria, o meglio la clausola di recesso, è legata all'ordinamento spagnolo tramite l'articolo 16 del Real Decreto n.1006 del 26 giugno 1985. In Spagna ha obbligatoria la presenza di questa clausola all'interno dei contratti tra un club della Liga e un calciatore. Nata per consentire agli atleti una maggiore libertà contrattuale e non dipendere esclusivamente dagli umori della società, che potrebbe anche bloccare un giocatore fino alla scadenza naturale del contratto senza alcun motivo, rifiutando tutte le offerte. Con la clausola di recesso, il calciatore può liberarsi versando la somma concordata, firmata e controfirmata sul contratto.
Cosa è la clausola di rescissione e come si esercita?
Come già spiegato, la clausola di recesso non è altro che una cifra prestabilita da calciatore e club e inserita sul contratto al momento della firma. Non sempre corrisponde all'effettivo valore del calciatore. Anzi, la maggior parte delle volte la cifra inserita e molto più alta rispetto al valore di mercato del giocatore.
La cifra per rescindere il contratto deve essere versata dal calciatore. Ma ciò avviene solo in linea teorica. È sempre la società che vuole acquistare il giocatore a versare la clausola rescissoria (o di recesso, che dir si voglia) al club proprietario del cartellino. Per legge l'intero importo va versato immediatamente e in un'unica soluzione. Solo in questo caso la società proprietaria del cartellino del calciatore non ha alcun potere decisionale. In caso contrario, ossia offerta con pagamento rateizzato e/o a cifre - anche di un solo euro - più basse rispetto all'importo della clausola, il club in possesso del cartellino del giocatore può respingere la proposta o eventualmente trovare un altro accordo, senza prendere in considerazione la clausola.
Alcuni casi italiani
La Juventus nel periodo d'oro dei nove Scudetti di fila, ha rinforzato la rosa sfruttando alcune clausole rescissorie presenti nei contratti delle stelle delle dirette concorrenti allo Scudetto. Prima Miralem Pjanic, acquistato dalla Roma per 38 milioni, e poi Gonzalo Higuain, preso dal Napoli per 90 milioni. Anche se i due casi sono un po' differenti. Per il bosniaco i giallorossi hanno avuto poco potere decisionale avendo i bianconeri versato in un'unica soluzione la clausola di recesso presente nel contratto; per l'argentino invece c'è stato un accordo con il club partenopeo considerato il pagamento in più rate e lo "sconto" di 4 milioni di euro rispetto alla cifra della clausola (94 milioni di euro). Questo caso somiglia a quello legato al trasferimento di Joshua Zirkzee dal Bologna al Manchester United: i Red Devils pur di pagare a rate di 40 milioni di euro della clausola rescissoria presente nel contratto dell'attaccante olandese, ha trovato un accordo con il club emiliano chiudendo l'affare per una cifra superiore rispetto alla clausola (dai 42 ai 45 milioni di euro, pagabili in tre esercizi).
Ma una delle prime società in Serie A ad aver sfruttato la clausola rescissoria per un grande colpo di mercato è stata l'Inter. Nell'estate '97 Massimo Moratti versò i 24 miliardi di lire della clausola di recesso presente nel contratto che legava Ronaldo (Il Fenomeno) al Barcellona. Un affare che rischiò di saltare perché la FIFA riteneva la clausola rescissoria valida solo per trasferimenti tra club spagnoli. Successivamente con una sentenza la stessa FIFA sbloccò l'operazione obbligando i nerazzurri a pagare 3 miliardi di lire aggiuntivi come premio formazione al club blaugrana.