16 luglio 1950, il dramma brasiliano per eccellenza: la storia del "Maracanazo"

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Trovarsi in Brasile e pronunciare 16 luglio 1950 può causare alcuni problemi a chi ha il fegato di farlo. Una data, quella di quasi 70 anni fa, listata di nero per tutti i brasiliani: il giorno del famigerato "Maracanazo". Più triste e sofferto del ko 7-1 (diventato "Mineirazo" subito dalla Seleçao contro la Germania al Mondiale di casa 2014. Provate a chiedere.

Nel 1950 tutto il mondo è ancora sconvolto dagli orrori della Seconda Guerra Mondiale, terminata soli cinque anni prima. Un anno pari, che da sempre vuole dire Mondiale. Il problema dell'epoca, però, era uno, e bello grosso: gran parte dei Paesi, ancora alle prese con la ricostruzione dopo il conflitto, non potevano ospitare la manifestazione. Se ne fece carico il Brasile, tra le poche nazioni a non essere uscite distrutte dalla guerra. E quindi unico candidato. In quegli anni il calcio era già lo sport più amato dalle masse, ma i verdeoro, fuori dal Sudamerica, non hanno mai incantato, viste le eliminazioni ai mondiali 1930 e 1934, oltre a quella del 1938 contro la nostra Italia di Pozzo. Ecco perchè il Brasile intero è convinto che, con un Mondiale in casa, la Seleçao potrà finalmente riscattarsi.

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La Nazionale carioca supera agevolmente il primo turno: eliminata l'Italia campione in carica e l'Inghilterra (la favorita nonostante fosse alla prima partecipazione ad un Mondiale). Un ruolino di marcia che sembra quasi un tappeto rosso da stendere fino alla Coppa Rimet. Ma non andrà così. Nel secondo girone all'italiana i padroni di casa affrontano l'Uruguay. Una delle poche selezioni che possono contendere la vittoria finale al Brasile favorito. E infatti La Celeste è dietro in classifica di un solo punto: 4 contro 3. E il 16 luglio 1950, in tutto il Paese, furono vendute più di 500 mila magliette con la scritta "Brasil Campeão 1950": come darsi la zappa sui piedi. Al Maracanà c'è Brasile-Uruguay e le strade sembrano già un carnevale. Quasi duecentomila le persone che affollano l'impianto, e quasi tutti gli striscioni salutano già la vittoria finale verdeoro. In tutto il Brasile, furono vendute oltre 500 000 magliette con la scritta Brasil campeão 1950 (Brasile campione 1950)

Il biglietto della gara
Il biglietto della gara / Wikipedia

Barbosa; Bigode, Juvenal, Augusto (C), Danilo, Bauer, Jair, Zizinho, Chico, Ademir, Friaça. Questa la formazione titolare schierata dal CT Costa. Spinti dalla convinzione generale che la gara contro l'Uruguay di Lopez Fontana sia solo una formalità. Il primo tempo si chiude a reti bianche, nonostante gli attacchi all'arma bianca e il pallino del gioco saldamente in mano. Nella ripresa la situazione si sblocca e sorride al Brasile, dopo il gol del vantaggio di Friaça.

Il gol del vantaggio di Friaça
Il gol del vantaggio di Friaça / Wikipedia

Ma l'Uruguay, che di certo non vuole essere vittima sacrificale, si tira su le maniche e perviene al pareggio al 66', grazie a Schiaffino assistito da Ghiggia. L'1 a 1 sarebbe comunque un risultato ottimo per il Brasile, ma il gol subito intacca pesantemente il morale della squadra di Costa.

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E addirittura al 79', dopo un contropiede, arriva il sorpasso uruguaiano grazie al diagonale velenoso di Ghiggia. E' il 2-1 Celeste, il Maracanà piomba in un silenzio impossibile da raccontare (immaginate 200mila persone che non parlano). Il Brasile si getta più che disperatamente alla ricerca del gol del pari, senza riuscirci. L'Uruguay è Campione del Mondo. Uno shock insopportabile per i tifosi brasiliani, tanto che sugli spalti si registrano due suicidi e dieci infarti, mentre il computo totale in tutto il Paese sale a 34 suicidi (tra cui il tentativo del difensore Danilo) e 56 infarti. Ma c'è di più, perchè vengono proclamati anche tre giorni di lutto nazionale. No, non è ancora finita. Perchè è proprio per provare a dimenticare che il Brasile diventò verdeoro: dalla maglia bianca bordata di blu a quella usata ai giorni nostri. E a coniare il termine "Maracanazo" per la più grande tragedia sportiva brasiliana fu un giornalista argentino. Come per la legge di Murphy, se qualcosa può andar male, state sicuri che andrà anche peggio. E in Brasile lo sanno bene.

PANTA ASTIAZARAN/Getty Images

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