Perché l'Inter ha perso la finale di Champions League?

È complicato rispondere a una domanda del genere anche la mattina successiva. L'Inter non ha soltanto perso la seconda Finale in due anni, è uscita massacrata da un ultimo atto che si è trasformato in un incubo. La Finale con la differenza di gol più ampia della storia di un torneo giunto alla sua 70ª edizione, una manita memorabile che sarà molto difficile da digerire per i calciatori e per tutto il popolo nerazzurro.
La sensazione precedente alla sfida di un confronto equilibrato, con il PSG solo leggermente favorito, è stata spazzata via immediatamente dall'esuberanza della squadra di Luis Enrique, mentre la reazione degli uomini di Simone Inzaghi non è mai arrivata. Una partita disastrosa per la posta in palio e per la fotografia finale, che macchia inevitabilmente il fantastico percorso dell'Inter fino all'ultimo atto. Proviamo a spiegarla in cinque paragrafi.
Approccio e pressione
Ha impiegato quei pochi minuti per prendere le misure del campo e imporre il proprio ritmo sulla partita, e il dominio è risultato subito evidente. Il PSG di Luis Enrique si è imposto già nei primi 20 della sfida con Hakimi e Doué, entrando nell'area avversaria troppo facilmente e scrollandosi di dosso una pressione che invece cadeva come un mantello pesante sulle spalle dei calciatori nerazzurri. Il gol del vantaggio ha stappato l'entusiasmo di una squadra che non ha mai smesso di attaccare in modo oculato, prevenendo ogni pericolo in una partita giocata ai limiti della perfezione. Una differenza che è maturata al contrario rispetto alle attese, che facevano ipotizzare un'Inter più esperta in determinati tipi di situazione, considerando sia la media età della squadra di Inzaghi sia la finale del 2023 nella quale erano già presenti molti interpreti dell'undici attuale.
Qualità dell'undici
Ed è stata forse proprio la qualità dell'undici di Luis Enrique ad essere sottovalutata. Una squadra capace di superare la prima e la seconda forza della Premier League durante il suo percorso (Liverpool e Arsenal) e anche uno specialista di coppe come Unai Emery (Aston Villa). I nomi si sprecano. Da un Gigio Donnarumma candidato al Pallone d'Oro insieme a Ousmane Dembelé, solo un assist a referto nelle 5 reti parigine, fino al dominio inatteso di Desiré Doué, giovane stella del presente e del futuro; la leadership di capitan Marquinhos e ancora il valore del terzino più forte al mondo Achraf Hakimi, oltre alla genialità di Vitinha, fra i migliori nel suo ruolo.
Idendità del tecnico
Luis Enrique, nei tanti postpartita concessi dopo la premiazione, ha scelto di alzare ancora l'asticella, anche nella notte di meritata festa per i tifosi parigini dopo un titolo agognato per oltre una decade. Ha affermato che il PSG del prossimo anno sarà ancora più forte. Una promessa che, guardando all'età media della rosa, allo strapotere dei singoli in ogni ruolo, ci appare adesso realizzabile. Superare una stagione in cui si sono vinti tutti i trofei è abbastanza complicato, come lo era vedere il PSG vincere ogni cosa nell'annata seguente la cessione di Kylian Mbappé. Il club parigino si gode i suoi fenomeni, senza esaltarne uno in particolare, consapevole che molto del merito di questo ciclo parte dalla gestione in panchina.
Freschezza diversa
La condizione fisica ha inciso parecchio; le due squadre sono arrivate al finale di stagione in maniera opposta. L'Inter stanca da un percorso ricco di ostacoli in Champions League e Serie A, il PSG con un distacco tale in Ligue 1 dal potersi permettere rotazioni a piacere grazie a una vittoria matematica arrivata già ai primi di aprile. L'ultimo mese della squadra di Luis Enrique si è trasformato in una preparazione al dettaglio di una delle partite più importanti del XXI secolo, forse la più importante, e la differenza in termini di freschezza è risultata evidente.
Elemento sfortuna
Poi un elemento sfortuna che va almeno menzionato. L'Inter ha affrontato una squadra contro la quale è riuscita a far poco, pochissimo, una squadra che ha mostrato una superiorità sotto tutti gli aspetti che non sembrava così netta nei giorni precedenti alla sfida. Un PSG di Luis Enrique arrivato come avversaria finalista dopo il magnifico Manchester City di Pep Guardiola nel 2023 e che ricorda la sequenza delle due Finali perse da Massimiliano Allegri contro Barcellona e Real Madrid quando sedeva sulla panchina della Juventus.
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