Perché l'aumento del 10% del monte ingaggi non preoccupa la Juventus?

La sessione di mercato estiva ha visto la Juventus muoversi seguendo due necessità distinte ma forzatamente fuse tra loro: da un lato il rafforzamento tecnico della squadra a disposizione di Tudor, dall'altro la sostenibilità e l'input di cedere prima di poter comprare (si è visto in modo chiaro, con entrate spesso unite a doppio filo a cessioni contemporanee).
Il monte ingaggi: un dato ingannevole
Accanto al discorso connesso al calciomercato emerge, a proposito di sostenibilità, il tema del monte ingaggi: il DG Comolli ha tenuto conto anche di questo aspetto, nel corso dell'estate, anche se l'aumento del 10% rispetto allo scorso anno potrebbe trarre in inganno (siamo passati ora a 135,9 milioni lordi a stagione). Il dato in sé, specifica Tuttosport, è in controtendenza rispetto alla stagione scorsa ed è evidente che sia Vlahovic che David abbiano un loro peso specifico rilevante nel quadro complessivo.
A questi si sono aggiunti anche Openda (7,4 milioni lordi di ingaggio), che ha sancito comunque in risparmio rispetto a un Muani che avrebbe superato i 10 milioni lordi. I 7 milioni lordi di Conceicao e i 5,74 lordi di Gatti, a loro volta, non hanno un peso secondario (aspettando il rinnovo di Yildiz). A fine stagione però, spiega il quotidiano, ingaggi come quelli di Vlahovic, McKennie, Kostic e Rugani verranno meno: il dato attuale, dunque, non preoccupa la dirigenza bianconera e non mette in discussione l'operato di Comolli. Il raggiungimento della Champions League in sé è stata una garanzia importante per non adottare un taglio del monte ingaggi, l'input futuro rimane comunque quello di alleggerire la somma degli stipendi.
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