Michel Platini 'respinge' la candidatura da presidente della Juventus

Michel Platini
Michel Platini / Ernesto Ruscio/GettyImages
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Michel Platini si smarca dalla candidatura al ruolo di presidente della Juventus. L'ex giocatore bianconero ha parlato nel corso del Festival dello Sport di Trento, sottolineando la volontà di non tornare nel club juventino in qualità di dirigente - spiegando anche il motivo. Tra i temi trattati anche il suo passato bianconero e il talento turno Kenan Yildiz ma non solo. Le Roi ha parlato della vicenda processuale che lo ha coinvolto negli ultimi anni e il mancato trasferimento all'Inter nel 1980:

"Se devo tornare (in qualità di dirigente, ndr) è per fare qualcosa di buono per il calcio, per tutto il calcio, non solo per un club. Alla Juventus ho già dato tutto, non si vive due volte la stessa storia d'amore. Del Piero è stato un grande giocatore, un'immagine della Juventus".

"Su Yildiz, nessuno mette il numero 10 della squadra sulle fasce e non al centro. Dovete però chiedere agli allenatori il perché, non a me...".

"Non so perché ero simpatico anche ai non juventini, forse perché non ho mai preso in giro i miei avversari, tanto meno le tifoserie. Ho giocato seguendo la mia filosofia, in Francia le persone che vanno allo stadio sono spettatori, in Italia sono tifosi. La mia è stata una vita un po' bizzarra, speciale. Quando ho chiuso con la Juventus ho detto ad Agnelli che ero stanco e che non avrei firmato un nuovo contratto. Alla Juventus sono costato poco perché ero svincolato, ha dato più la Juve a me che io alla Juve. Sono stufo dei giocatori che dicono che vogliono entrare nella storia. Tu vai e giochi per una società e per i suoi tifosi".

"Due anni prima di andare alla Juventus avevo firmato per l'Inter ma le frontiere erano chiuse perché in Italia gli stranieri non potevano arrivare. Quando la Juve è venuta a cercarmi sono stato rispettoso e ho chiamato l'Inter per informarli. Non conoscevo Agnelli e mi disse che dovevamo vincere la Coppa dei Campioni. Io gli ho risposto che era facile e ci avrei pensato io".

"Dieci giorni fa ho ricevuto la lettera dalla Giustizia Svizzera in cui si diceva che è tutto finito, ma quella storia è durata dieci anni. Alla FIFA trovi una serie di persone, poi i procuratori svizzeri. In più i media ne parlano molto ed è complicato vivere. Dopo tu sai che alla fine vincerai, ma passi dieci anni e ti viene tolto tutto il tuo lavoro, la tua passione. Grosso modo la FIFA mi ha pagato e dopo mi ha sospeso perché mi ha pagato! Una cosa che non ho capito, ma è così".

"Se fossi stato il presidente della FIFA il Var non ci sarebbe mai stato. Credo che bisogna lasciare il calcio 'umano'. Con il Var si spostano solo e soltanto i problemi. Per quanto mi riguarda lo manterrei solo per le linee laterali. Tutto il resto è interpretazione e dunque bisogna lasciare che gli arbitri interpretino secondo le regole del calcio".

"Come è iniziata la mia carriera da dirigente? Ero in contatto con la FIFA, ho conosciuto Blatter e un giorno, a Singapore, mi ha chiesto se volevo diventare presidente della FIFA. Ho rifiutato perché dovevo organizzare la Coppa del Mondo in Francia. Lui ha capito ma mi ha chiesto di aiutarlo a diventare lui presidente. Quando sono stato consigliere di Blatter, mi sono accorto che per avere del peso bisogna avere una legittmità e la legittimità arriva dalle elezioni. Quando sei eletto hai il potere di fare le cose, dunque mi sono presentato alle elezioni per la UEFA e per la FIFA come membro dell'esecutivo, poi dopo qualche anno il presidente della UEFA ha detto che lasciava (si trattava di Lennart Johansson che lasciò nel 2007, ndr) e quindi mi sono presentato e ho vinto. È stata una battaglia durissima perché dopo che non hanno trovato nessuno per candidarsi contro di me, Johansson è ritornato e io gli ho detto che non mi sarei ritirato".


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