La nomea di cascatore e un addio amaro alla Juve: Cuadrado verso il derby d'Italia

Le parole dell'esterno del Pisa e un rimpianto relativo all'addio alla Juve
Cuadrado
Cuadrado / Image Photo Agency/GettyImages
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Il derby d'Italia in programma domani rappresenta un momento importante anche per i doppi ex della sfida, Juan Cuadrado è ormai ripartito altrove - sposando il progetto del Pisa dopo il ritorno dei toscani in A - ma è ovvio che il colombiano non si tiri indietro soffermandosi sul passato in bianconero e su quello, più sfortunato, in maglia Inter. L'esperto esterno ha parlato a La Gazzetta dello Sport tornando anche sull'addio alla Juve, non senza una vena polemica. Queste le sue parole:

"La Juve è la Juve, si è rinforzata con giocatori forti, ma l’Inter è la più forte. Anche se l’anno scorso non ha vinto nulla. Pronostico? Che vinca la migliore".

I gol all'Inter: "Ai nerazzurri ho segnato sei gol. Non c’è altra squadra a cui ho fatto più male, è vero. In più, è sempre successo qualcosa: Perisic, Handanovic… ma voglio ricordare il gol di controbalzo realizzato all’Allianz nel 2017 da fuori area".

Nomea di cascatore: "Se dà fastidio? Beh, sì. Magari in alcuni episodi ho accentuato di più, ma se cado è perché sono stato toccato. Il mio gioco è così".

La scelta del Pisa: "Ho detto sì in due giorni. C’era la possibilità di andare in Spagna, la Liga è sempre stata un pallino, ma ho scelto di restare qui anche per la mia famiglia. Mia madre non s’è mai andata da Torino. Cosa mi ha convinto? La chiarezza del progetto. Ho detto sì in due giorni. Punto alla salvezza e al Mondiale con la Colombia. Sto lavorando duro per arrivare al 100% e Gilardino mi sta aiutando. Diventerà un grande allenatore".

Legame con la Juve: "Sono diventato un tifoso bianconero. Mia madre vive ancora lì, i miei figli sono nati a Torino. Lucas ha sei anni, Lucia nove. Ho vissuto otto stagioni magici, ho vinto cinque scudetti e diverse coppe. Rispetto al Cuadrado di Firenze ero più completo e soprattutto più maturo. L’unico rimpianto resta la finale di Champions persa a Cardiff".

Su Conte: "Allenamenti tosti. In tre parole: duri, duri, duri. Come Gasperini a Bergamo del resto. Poi, in campo, corri più degli altri".

L'addio alla Juve: "L’infortunio di De Sciglio aveva aumentato le mie chance, Allegri voleva tenermi. Da parte mia non c’erano dubbi: sarei rimasto. Poi la dirigenza è cambiata, l’allenatore è andato via e io sono rimasto in attesa. Mentre aspettavo una chiamata, lessi sui social che l’avventura con la Juve era finita. Avrei preferito una parola o un messaggio privato. Ci sono rimasto male, è stato molto triste. Ma il calcio è così. I tifosi sono e saranno sempre nel mio cuore".

Inter, percorso sfortunato: "Sì, l’infortunio al tendine d’Achille mi ha condizionato, ma ho fatto parte di un gruppo di campioni e vinto lo scudetto della seconda stella. Scelsi l’Inter perché la famiglia voleva restare in Italia. Avevo diverse offerte dall’estero. Mi sono trovato bene con tutto il gruppo, Inzaghi ha sempre avuto fiducia. Ho cercato di fare il possibile per recuperare e dare il mio contribuito, ma ci sono riuscito solo in parte".

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