Gli errori della Nazionale e Gattuso come miglior CT possibile: parla Buffon

Intervista a tutto tondo, quella rilasciata da Gianluigi Buffon ai microfoni de La Gazzetta dello Sport. Il direttore sportivo della Nazionale ha parlato delle recenti delusioni azzurre e degli errori che ci hanno portato a saltare due Mondiali consecutivi e a giocarci la qualificazione ai prossimi ai playoff. Buffon ha anche speso parole di stima per Gattuso, a suo dire il miglior CT in una situazione del genere. Ecco gli stralci principali dell'intervista.
Un'Italia con poco equilibrio:
"Sa qual è il problema? Vivere in due mondi che non s’incontrano. Da un lato, in virtù della nostra storia, siamo presuntuosi: pensiamo che tutto ci sia dovuto per grazia divina. Dall’altro però facciamo grandi analisi sull’evoluzione del calcio, sul fatto che non esistano più le piccole, e siamo tutti d’accordo. Ma quando queste 'piccole' ti mettono in difficoltà, oppure le batti solo 1-0, ecco che senti: 'Non si può vincere così, che vergogna...'. E dalla spocchia precipiti nella paura. Una discreta propensione al tafazzismo. Ma è così difficile trovare un equilibrio?".
Al ritorno dal Sudafrica, lei aveva detto: 'Qui abbiamo sbagliato qualcosa, non c’è dubbio. Ma attenzione: tra qualche anno ci ritroveremo a festeggiare le qualificazione, non un Mondiale vinto'. Profetico?
"Avevo capito quello che stava succedendo, i cambiamenti in corso più veloci di quanto si pensasse. Era una provocazione, ma fino a un certo punto. Volevo anche che non ci raccontassimo storie che non esistono più".
Storie che, però, non coinvolgono Spagna e Francia: loro sono ancora grandissime.
"Un momento la Francia è una grande da trent’anni, la Spagna da quasi venti, loro sono nel presente. La nostra storia è molto più lunga. Stiamo vivendo un periodo di transizione e non abbiamo capito quale strada prendere. Paghiamo anche gli errori del passato. I risultati di oggi risalgono a venti anni fa, a quando ci siamo adagiati sulla nostra forza, su Buffon, Cannavaro, Totti. Pensando che sarebbe stato eterno per grazia ricevuta. Già allora dovevi ripensare a modelli tecnici e tattici, ma siamo stati cicale".
E adesso?
"Sono in FIGC da oltre due anni e non potete negare che qualcosa sta succedendo. Giovanili vincenti, progetti. Ma l’altro giorno sorridevo: se riusciremo a invertire la rotta, non godremo noi dei risultati. Però è una scelta coraggiosa che la politica spesso non fa, attenta ai voti e quindi al tutto e subito, senza pensare alla programmazione. Noi dovevamo farlo, ci vuole pazienza. E comunque: se lavori bene, qualche risultato arriva subito".
Soluzioni?
"Ripartire dal basso: intendo da sette a tredici anni, quando c’è il vero imprinting. Dai quindici anni puoi sempre migliorare, però il talento si forma prima, oltre all’aiuto di madre natura che non trascurerei. Con Prandelli stiamo parlando per capire come impostare questo lavoro, ma volevamo aspettare le qualificazioni per definire il tutto. E se poi va male, ci siamo detti? Tutti via, si torna a casa, arriva uno nuovo con altre idee e magari cancella il progetto… Se si cominciano progetti così, ci vuole stabilità".
Dal futuro, al presente: Irlanda del Nord, Galles, Bosnia. Meglio fuori casa, come dice Materazzi? Meglio una sana paura, come sostiene qualcuno?
"Non la penso come Marco: in partite così ogni aiuto conta e il pubblico dà una grandissima mano. E la paura attanaglia, non ti fa giocare: ci vuole invece il giusto rispetto, tenendo ben presente che per arrivare alla finale bisogna passare per la semifinale… non dobbiamo annegare in una nuova Macedonia".
Sulle critiche alla squadra e a Gattuso?
"Gattuso allena da dodici anni, è un grande professionista: non mi piace e non capisco questa prevenzione nei suoi confronti. Con lui parlo di soluzioni e idee, prima e dopo la partita, in settimana. Ma decide tutto lui, tipo il doppio 9 che è un’intuizione geniale: quando me l’ha anticipato, gli ho chiesto se fosse sicuro. Mi ha spiegato come avrebbe funzionato, i movimenti. Ora la formula non si tocca più".
Gattuso è il CT giusto?
"Rino è il CT giusto, è la figura migliore che si potesse scegliere. E voi giornalisti lo sapete".
In che senso?
"Nel senso che parlate con i giocatori più di noi dirigenti, e sapete esattamente cosa pensano di Rino. Non pensi che non ci siamo accorti che i media che ci seguono sono meno critici".
Sulla sconfitta con la Norvegia:
"Essere critici è il vostro dovere, ci fa bene. Io ho solo detto che fino al 78’ eravamo 1-1: non è forse vero? Poi un crollo mentale, più che fisico, inaccettabile. Su questo dobbiamo lavorare tanto. Succedeva anche con Spalletti: dopo cinque partite di Nations da grande squadra, il blackout. Inspiegabile. Ma la Norvegia…".
Su Chiesa:
"Dobbiamo recuperare tutti i migliori: se qualcuno si mette in evidenza, non c’è preclusione di sorta, anche perché ne abbiamo bisogno. Aspettiamo Chiesa: ce ne sono pochi in Europa come lui. Ma Rino non ha lasciato a casa nessuno che lo meritasse. Ripeto: conta il gruppo…".
Il gruppo e anche qualcosa intorno. Com’è possibile che il sistema Italia non trovi una giornata libera per rinviare il campionato?
"Tutti ci battiamo il petto al momento dell’inno, poi magari ci asciughiamo lacrime finte sulla camicia dopo la sconfitta… Per essere chiari: ci aiuterebbe tantissimo avere quei giorni liberi. Ma dobbiamo trovare il modo di essere più forti anche di queste concessioni che non arrivano. Perché, come dice Rino, siamo forti. Punto. Il Mondiale è una magia da far vivere al paese, non possiamo non andare. Aiutiamo il sogno".
Può immaginare la terza esclusione di fila dal Mondiale?
"Al dopo pensiamo dopo. Il focus ora è soltanto la partita".
Sul figlio Louis Thomas?
"Mio figlio? Ah, be’, fino a quattro o cinque mesi fa aveva l’uno per cento di possibilità di essere un calciatore. Ora ha soltanto lo zero virgola cinque. Perché non ha ancora fatto niente, ha dieci minuti di Serie A addosso e gli ho detto di non leggere niente che lo riguardi. Stiamo correndo troppo e non gli fa bene. Quando giocavo e cominciavano i primi elogi, papà e mamma mi ricordavano che in famiglia una decina di persone avevano già vestito maglie di varie nazionali, quindi non facevo niente di speciale. È servito tantissimo".
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