Emerson Royal spiega il suo addio al Milan e lancia un messaggio ai tifosi rossoneri

Emerson Royal
Emerson Royal / Marco Canoniero/GettyImages
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Tra Emerson Royal e il Milan non è mai scoppiato l'amore. Da subito è mancato il feeling e le prestazioni non esaltanti dell'ex Tottenham non hanno aiutato ad avvicinare le due parti. Ora il terzino brasiliano è tornato in Patria, al Flamengo, dove sta giocando con regolarità ed è tornato a sentirsi un calciatore. Ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, il giocatore ha raccontato la sua esperienza in Serie A e al Milan, le difficoltà e i motivi del suo addio:

"Oggi sto bene e sono finalmente felice. Tornare in Brasile dopo tanti anni fuori è stato speciale. Una delle ragioni per cui ho scelto di rientrare era farmi conoscere di più dalla gente del mio Paese, perché sono stato tanto tempo all'estero. È una sensazione bellissima sentirmi apprezzato".

"Quando gli orari me lo permettono, seguo sempre il calcio europeo. Le partite italiane qui sono molto tardi, ma quando posso guardo il Milan. Ho molti amici lì, soprattutto Rafa Leao, che sento sempre. Sono curioso di vedere come vanno e voglio supportarli da casa. Io sono arrivato in Italia con una sensazione un po' strana da subito. Dall'inizio, ogni volta che dicevo o facevo qualcosa si parlava di me più di quanto si parlasse di Cristiano Ronaldo, ma in modo negativo. Sentivo di dover fare sempre il doppio per essere accettato, per poi non essere accettato comunque. Non vorresti mai sentire certe cose mentre stai cercando di fare al meglio il tuo lavoro".

"Il mio addio al Milan parte tutto da me e da una mia richiesta. Ho parlato con la mia famiglia e con il mio agente, l'idea di andarmene era già diventata una priorità. Non avrei potuto continuare con quella sensazione addosso. Al Tottenham mi era successa la stessa cosa, ma lì ero riuscito a far cambiare idea: arrivi, la gente parla, poi non vogliono più che te ne vada, è sempre questione di tempo e adattamento. Inizialmente pensavo di poter fare lo stesso anche al Milan, di restare per dimostrare davvero chi sono, ma dopo l'infortunio e i mesi fermo, quella sensazione si è amplificata ancora di più. Quando ho capito che il mio rapporto con l'ambiente si era ormai logorato, mi sono reso conto che restare non sarebbe stata la scelta giusta".

"L'Italia non mi manca, è un paese bellissimo, il Milan un top club, ma non avrò mai quella sensazione di nostalgia, perché non ho motivo per averla. Direi che da una parte capisco benissimo i tifosi, pagano il biglietto e vogliono il massimo per la squadra e pretendono che ogni giocatore renda sempre al meglio. Non ho nulla contro questo, lo rispetto totalmente. Però a volte è stato veramente un po' troppo, perché io ero un giocatore del Milan e supportarmi avrebbe aiutato anche il Milan stesso. Quando un calciatore commette degli errori, se la tifoseria gli resta vicino lo aiuta ancora prima che le cose vadano davvero mal. Non si può essere al 100% tutti i giorni: ci sono partite in cui ti riesce tutto e altre in cui non gira. È umano ed è qualcosa che va accettato. Invece mi sono sentito spesso criticato con molta esagerazione, anche in momenti in cui avevo fatto partite importanti davvero molto bene".


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