Dagli attriti con Spalletti al rimpianto con l'Inter: Miranda si confessa

Luciano Spalletti, Joao Miranda
Luciano Spalletti, Joao Miranda / AFP Contributor/GettyImages
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Atletico Madrid-Inter non potrà essere una partita come tutte le altre per Joao Miranda, ex difensore brasiliano che ha vestito per quattro anni la maglia dei Colchoneros e per altrettanti quella nerazzurra diventando uno dei centrali migliori della sua generazione. Intervistato da La Gazzetta dello Sport, Miranda ha parlato sia della sua avventura a Madrid, culminata con le vittorie di Liga ed Europa League, sia di quella a Milano, in cui ha avuto un rapporto complicato con Luciano Spalletti.

Miranda vive sempre di calcio?
“Certo, ma senza nostalgia. Ho smesso a 38 anni senza rimpianti. Ho vinto col San Paolo, con l’Atletico e sono stato il capitano del Brasile al Mondiale 2018. Mi piacerebbe provare a fare il procuratore. Per il resto, seguo i miei figli: giocano a calcio entrambi. Il più grande, Joao Vitor, è in Slovacchia. E fa il centrale come suo padre”. 

Che coppia è stata Miranda-Godin?
“Impareggiabile. Sarò sincero: a quei tempi non c’era nessuno come noi. Neanche Ramos-Varane al Real o la BBC della Juve. Singolarmente magari sì, ma insieme eravamo fortissimi. Siamo stati i primi soldati di Simeone, e a me fa anche ridere definirmi così…”. 

Com'era il primo Simeone?
“Come lo vede adesso. Uno che ci riuniva a centrocampo coi suoi discorsi: “Se sei il migliore in campo, non mi importa se perdi”. Anche se quando uscivamo sconfitti era un dramma. Era come se avessimo salutato un familiare al funerale. Ci ha trasmesso fame e grinta”. 

Sull'Inter:
“Appena arrivato, nel 2015, uno degli assistenti di Mancini mi disse che avrei dovuto migliorare molto a livello difensivo. Io rimasi un po’ così, in fondo qualcosina avevo fatto… ma aveva ragione. La Serie A mi ha completato".

Nel 2018 disse: “Io sono il miglior difensore della Serie A”. Conferma?
“Certo, lo ero. La mia storia parla per me”. 

Giocherebbe sia nell’Inter sia nell’Atletico di oggi?
“Sì. Il miglior Miranda sarebbe titolare in tutti e due i club. I nerazzurri hanno tre centrali fortissimi, ma il mio preferito è Bastoni: veloce, tecnico. Mi somiglia”. 

All’Inter avrebbe potuto dare di più? 
“Dipende dai punti di vista, ma in generale penso di sì. Con Mancini, De Boer e Pioli ero titolare, poi è arrivato Spalletti. Uno che ha imposto la paura”. 

In che senso, la paura?
“Come allenatore niente da dire: un vincente. Ha riportato l’Inter in Champions e ha gettato le basi per il futuro, ma come uomo… lasciamo stare. Il peggior allenatore avuto in Italia in tal senso. Mancini è stato un gentleman, De Boer non è stato capito. Ma Spalletti viveva col terrore che qualcuno parlasse male di lui. Se ci fa caso sono pochi i calciatori ad aver avuto buoni rapporti con lui”.

Perché non vi siete trovati?
“Litigammo per questioni di campo. Non ama chi gli si mette contro e ha opinioni diverse. Dopo quel diverbio, successo nel mio ultimo anno all’Inter, ho iniziato a giocare sempre meno. Mi schierava una volta sì e un’altra no. Così è difficile entrare in condizione, soprattutto se ti ritrovi a giocare solo le partite importanti”. 

Sul litigio tra Spalletti e Icardi:
“Robe personali. Lui è così: non credo pensi totalmente alla squadra. Quando ti prende di mira è finita. Comunque, nonostante ciò che diceva Wanda, Mauro è sempre stato professionale con noi. E quanto segnava...”. 

Un rimpianto dell'avventura all'Inter?
“Non aver vinto un trofeo”. 

Su Lautaro:
“Uno dei cinque attaccanti al mondo. Ha forza, tecnica e qualità. Può segnare in qualsiasi momento”. 

Come finisce Atletico-Inter?
“Direi in parità. Per l’Atletico provo un po’ di affetto in più, ma in Italia sono stato da Dio. Quattro anni magici”. 


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