Milan, Sacchi: "Van Basten e Gullit? Non li avrei cambiati con nessuno". Poi racconta un aneddoto su Berlusconi

Silvio Berlusconi at Porta a Porta in Rome
Silvio Berlusconi at Porta a Porta in Rome / Elisabetta A. Villa/Getty Images
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Ospite ieri di Sky Sport durante 'CasaSkySport', l'ex tecnico del MilanArrigo Sacchi, ha ricordato la terza Coppa dei Campioni dei rossoneri, conquistata contro lo Steaua Bucarest proprio il 24 maggio: "Sensazioni? Indubbiamente piacevoli. Dopo la vittoria, il giorno dopo, mi capitò di svegliarmi con un sapore dolce in bocca. Non era solo la vittoria in se, ma come era stata ottenuta. Un sogno che si era realizzato grazie a una grande società, ai giocatori. Una vittoria che non lasciava dubbi. Diversa dalle altre. L'indomani l'Equipe titolò "Usciti da un altro mondo".

Silvio Berlusconi at Porta a Porta in Rome
Silvio Berlusconi at Porta a Porta in Rome / Elisabetta A. Villa/Getty Images

L'ANEDDOTO SU BERLUSCONI - "Ero un signor nessuno e la società mi aiutò in tutti i modi. Avevo fatto una selezione di calciatori non solo tattica e tecnica, ma mentale. Avevamo un grande club, quando vai al Milan, Juventus o Inter, hai una superiorità morale, in più un presidente visionario e ambizioso. Dopo un suo intervento durissimo, in seguito alla sconfitta contro l'Espanyol, non abbiamo perso più una partita".

IL CALCIO DI SACCHI - "Il calcio è il riflesso della storia di un paese e anche della cultura. Il nostro è un paese che ha puntato più al tatticismo e ciò ci ha portato a giocare un "calcio sparagnino" anche quando c'erano i più grandi giocatori del mondo. Ho avuto la fortuna di avere grandi atleti che giocavano con la squadra e per la squadra a tutto campo. Cercavo di convincerli con la persuasione ma a volte ho usato anche la percussione. Il problema era la modestia, l'intelligenza, l'entusiasmo, la passione e l'etica del lavoro. Ho cercato di avere degli interpreti che fossero l'ideale per il calcio che volevo giocare. Ronaldo il Fenomeno aveva un talento superiore a tutti, ad esempio, ma io non lo avrei mai preso. Ronnie era un fenomeno ma io cercavo armonia e la musicalità. L'attaccante più forte che avevo? Van Basten e Gullit, tutti e due in due modi diversi. Non li avrei cambiati con nessuno".

ANCELOTTI - "Ho sempre pensato che il calcio si gioca con la testa e i piedi sono solo un mezzo. Ancelotti fu visitato dal nostro medico e scrisse che aveva il 20% di insufficienza al ginocchio. E Berlusconi mi disse che per tanti era una "sola". Io gli spiegai che prendendo Ancelotti vincevamo il campionato. Dopo due mesi il presidente mi disse che avevo voluto un direttore d'orchestra che non conosceva la musica. Lo feci allenare con la primavera in tutte le situazioni di gioco".

IL MILAN DI OGGI - "Rangnick? E' un ottimo allenatore, ma l'importante è che la società lo segua. Non è importante prendere il più bravo, è la squadra che ti porta ad acquisire una collaborazione e una comunicazione che ti permettono di tirare fuori il meglio. E in un ambiente che ti chiede quello. Io ci sono riuscito grazie ai giocatori e al club, che non mi ha mai messo in discussione e che quindi non mi ha mai fatto venire dei dubbi".

MALDINI - "Spero che rimanga per la stima che ho di lui. Però Shakespeare diceva che quando si perde la dignità allora si diventa un miserabile. Non vorrei rimanesse senza che gli diano la possibilità di esprimersi. La componente più importante è avere un club con le sue visioni, il suo stile e la sua competenza. Poi viene la squadra, che è più importante di qualsiasi singolo, anche di Maradona".


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