La favola del Principe e dei sette gatti neri

L'Estadio Juan Domingo Perón e l'Estadio Libertadores de América, Avellaneda
L'Estadio Juan Domingo Perón e l'Estadio Libertadores de América, Avellaneda / Getty Images/Getty Images
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C'era una volta...

...un posto magico, di nome Avellaneda. Si racconta, nelle antiche pergamene, che Avellaneda, prima di diventare una vera città, fosse il quartiere portuale della grande capitale Buenos Aires, ma che fosse cresciuta talmente tanto da fregiarsi del titolo di città autonoma. Gli abitanti, allora, ringraziarono il Re dando alla neonata città proprio il suo nome, Avellaneda.

Avellaneda non era un posto ricco. I suoi erano abitanti umili, legati ancora ad una mentalità di quartiere, e la città in sé non era certo la più bella del reame. Tuttavia, anche nei posti più semplici, si possono trovare delle meraviglie, e Avellaneda ne aveva ben due! Due templi del calcio, l'Estadio Perón, detto El Cilindro, e l'Estadio Libertadores de América, o La Doble Visera. Gli abitanti di Avellaneda non vivevano il calcio come un semplice svago, per loro era di più. Era questione di identità: tifi Racing o Independiente? Albiceleste o Los Diablos Rojos? Milito o Bochini? Le risposte a queste domande erano il biglietto da visita per ogni avellanedense che si rispettasse.

Independiente - Racing
Independiente - Racing / Gustavo Ortiz/Getty Images

La rivalità tra le due squadre era forte, fortissima, e i tifosi non aiutavano certo a stemperarla! Dai più amichevoli sfottò, alle risse, Avellaneda era immersa pienamente in questo contrasto. Un'opposizione che si rifletteva anche soltanto nella posizione dei due stadi: uno di fronte all'altro, separati da una via dal doppio nome, quasi a sfidarsi a duello. Le due squadre, ovviamente, si sfidavano anche sul campo, e il campionato non era nient'altro che una sfida a distanza. Una lotta continua tra le due squadre, questa era Avellaneda.

Nell'anno 1967, il Racing riuscì a vincere la Copa Libertadores, spodestando proprio gli odiati rivali dell'Independiente, ma, soprattutto, vince la Coppa Intercontinentale, la Coppa che determina la migliore squadra di tutti i regni conosciuti, contro il Celtic, proveniente da una lontana terra chiamata Scozia. Ma quell'anno, quell'anno fu anche l'inizio della più grande tragedia per il Racing Club de Avellaneda...

I tifosi dell'Independiente non potevano sopportare tutto questo. Da lì a poco i sostenitori del Racing sarebbero tornati da Montevideo, dove era in scena la finale, sarebbero usciti per le strade, avrebbero colorato tutta la città di bianco e di celeste, e per loro, questo, era inaccettabile. Tanto inaccettabile, che alcuni tifosi si incontrarono, mentre la partita era ancora in corso, ma destinata a favore delle truppe nemiche, e decisero di agire tramite la stregoneria. Niente è certo in queste storie, ma si narra che questi loschi figuri si intrufolarono nel tempio rivale, nel Cilindro, fino a giungere sul campo di manto erboso che, negli anni precedenti, tanto aveva portato bene alla compagine di casa, e seppellirono 7 carcasse di gatti neri, un antico rituale, forse descritto loro dalla strega di Avellaneda.

Tifoseria del Racing
Tifoseria del Racing / Gustavo Ortiz/Getty Images

34 anni dopo...

È il 2001. Il Racing, dopo la Coppa Intercontinentale, non ha mai più vinto nulla. Ma altre disgrazie si erano abbattute sul corpo già martoriato della povera squadra albiceleste, di cui forse il derby perso 4-0 fu la cosa più tollerabile. In risposta al decadimento inspiegabile de El Primer Grande, della prima squadra argentina a salire sulla vetta del mondo, dell'Accademia del calcio, ci fu la ripida ascesa dei Diavoli Rossi: 7 titoli nazionali e 2 Coppe Intercontinentali, condite da ben 7 Coppe Libertadores, 4 consecutive, e, soprattutto, un nuovo titolo: Rey de Copas. Ma niente, niente è stato peggio del derby del 22 dicembre del 1983, vinto dall'Independiente per 2-0, e che consegnò contemporaneamente il titolo ai Rojos, e il Racing all'inferno della Serie B.

Tifosi, presidenti e giocatori del Racing le provarono tutte, tutte per rompere questa maledizione. Un presidente decise di chiedere aiuto a chiunque tenesse al Racing per trovare i 7 gatti e disseppellirli, c'è chi dice che ne trovarono uno solo, chi dice che ne trovarono 6, ma l'anatema, in ogni caso, era ancora vivo nel cuore del Cilindro. Neanche le messe nere, sotto gli occhi di uno stadio pieno, funzionarono. Se neanche respingerla con la sua stessa moneta poteva avere effetto su questo flagello divino, cosa mai l'avrebbe potuto fermare?

Ormai, dopo 34 anni, l'una volta ridente sponda biancoceleste di Avellaneda si era abbandonata a se stessa e alla disillusione: oramai erano maledetti, e sarebbero stati maledetti per sempre. Ma fu proprio in quel momento di massimo sconforto che emerse un giovane Príncipe, di nome Diego Milito. Quel principe, dopo 34 anni di buio e disperazione, riuscì con i suoi gol a riportare per un attimo l'altra squadra di Avellaneda a rivedere la luce che, tanto tempo fa, le apparteneva. Quegli anni prima della maldición de los siete gatos negros.

Milito in trionfo
Milito in trionfo / ALEJANDRO PAGNI/Getty Images

Il Príncipe era un uomo legato fortemente alla sua terra, ma ancor più forte era il suo senso dell'onore: era suo compito andare a salvare altre squadre! E allora il Principe Milito partì, oltremare, andò in Europa, a Genova, poi Saragozza, fino a Milano, sulla sponda nerazzurra, per donare a tutti i suoi gol e guidare le squadre più bisognose alla vittoria, proprio come ha fatto per il suo amato Racing. Intanto ad Avellaneda, però, la situazione era tornata quella dei 34 anni di maledizione: poche vittorie, nessuna coppa, prestazioni che poco si addicono alla regalità di una squadra detta La Academia.

Ma il Príncipe non si era certo scordato della squadra che lo aveva accudito da giovane, e sentito il richiamo dei tifosi, che era riuscito ad oltrepassare l'oceano, sospinto dal vento, tornò a casa sua, se non per sconfiggere definitivamente la maledizione, almeno per arrestarla. Poco prima dello sbarco, anno 2013, gli effetti del magico principe del Racing Club lo precedono, e l'armata nemica, per la prima volta, cade sotto lo stesso colpo che ferì i fedeli del Cilindro: la retrocessione, l'Independiente è in Serie B. Un anno dopo, sbarcò il Príncipe, accolto da una folla festante che lo omaggiava e lo osannava, ballando tra le canzoni di un musico e il profumo del pesce. E un altro titolo nazionale era già nelle mani dei tifosi dell'albiceleste...

Diego Milito
Diego Milito / Rodrigo Valle/Getty Images

Il Príncipe Diego, due anni dopo, smetterà di combattere in prima linea, e diventerà il nuovo segretario tecnico del club, riuscendo nuovamente a portare il Racing al titolo nel 2018. È possibile che questa volta, con tre trofei, egli sia riuscito a sconfiggere definitivamente la maledizione dei sette gatti neri? Tuttavia, alla fine dei conti, l'uomo è sempre nemico di se stesso, e Milito, nel 2020, viene allontanato dagli alti ranghi del Club per motivi a noi ancora sconosciuti, lasciando il Cilindro senza protezione alcuna. E chissà, forse, quel maleficio ancora aleggia sull'Estadio Juan Domingo Perón...

Emilee Chinn/Getty Images

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