Baggio: "Non guardo il calcio senza pubblico, mi fa piangere. Ho un rimpianto. Sacchi? No, Mazzone il top"

Roberto Baggio
Roberto Baggio / Pier Marco Tacca/Getty Images
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Intervista al settimanale Il Venerdì de La Repubblica per Roberto Baggio. Torna a parlare il Divin Codino e non le manda a dire. L'ex campione azzurro ha parlato della Nazionale, dell'addio alla Fiorentina con conseguente passaggio alla Juve e anche del calcio moderno.

Il calcio attuale?

"Il calcio senza pubblico è tristissimo, mi fa piangere. Non guardo le partite, non mi divertono quasi mai. Mi dette disagio dare giudizi sugli altri, non vado in tv. Vedo colleghi che sentenziano da professori, ma me li ricordo incapaci di fare tre palleggi con le mani. Mi piace il calcio femminile. Il golf mi annoia, preferisco il basket e tifo per i Los Angeles Lakers".

Il calcio di adesso sarebbe ideale o più difficile per te?

"In questo calcio sarei più competitivo perché gli attaccanti sono più protetti".

Quelli che senza pallone si sentono appagati e felici sono dei falliti? 

"Lasciare il calcio mi ha ridato vita e ossigeno. Stavo soffocando, troppo dolore fisico. ​Faccio la cosa più bella, sono a contatto con la natura. Spacco la legna, uso il trattore e la sera sono così stanco che mi gira la testa. Totti non voleva smettere, io non vedevo l'ora. Ibrahimovic è della stessa pasta di Francesco". 

Roberto Baggio
Roberto Baggio / Ben Radford/Getty Images

L'addio alla Fiorentina per la Juve?

"Sono riconoscente a Firenze perché quando ero rotto mi ha aspettato due anni, anzi tre. Non volevo lasciare la Fiorentina, ma i Pontello mi avevano già ceduto agli Agnelli e se non fossi andato alla Juve, Cecchi Gori non avrebbe potuto prendere il club viola".  

Paolo Rossi e Maradona?

"La morte di Paolo Rossi è stata ingiusta, si era rifatto una vita anche lui e meritava di avere più tempo. Se da Maradona ti aspettavi una fine improvvisa, da lui no". 

C'è qualcosa che non ti perdoni?

"Ancora non mi perdono il rigore sbagliato nella finale del Mondiale di USA '94 contro il Brasile. Non c'è religione che tenga, quel giorno avrei potuto uccidermi e non avrei sentito niente".

Gli allenatori?

"Arrigo Sacchi non mi portò agli Europei del 1996 per dimostrare che gli schemi sono più importanti dei giocatori: non è arrivato ai quarti di finale… Non ce l'ho con gli allenatori, ma l'unico con cui mi sono trovato bene è Carletto Mazzone: un uomo libero e realizzato che non si metteva in competizione con i calciatori". 


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